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Tahilandia, primo ministro disposto a negoziare

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Ma le Camicie rosse respingono la proposta, dopo il "bagno di sangue" del 10 aprile

Monica Rizzello
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Il primo ministro thailandese, Abhisit Vejjajiva, si è detto disposto ad avviare negoziati con le Camicie rosse, se i dimostranti accettano di non intensificare le tensioni. «Il primo ministro è disposto a parlare delle condizioni per indire una elezione e apportare emendamenti alla Costituzione», ha detto il portavoce Panitan Wattanayagorn, che ha aggiunto: «La nostra posizione è la stessa. Siamo aperti a negoziati ma solo se i manifestanti non creeranno maggiori tensioni». Ma le Camicie rosse hanno respinto la proposta del governo di negoziati diretti, dopo il «bagno di sangue» dello scorso 10 aprile. Lo dice un rappresentante dei manifestanti dell'opposizione, sostenitori dell'ex premier deposto Thaksin Shinawatra, che da settimane occupano la piazza a Bangkok e chiedono lo scioglimento del parlamento ed elezioni anticipate. «Non ci saranno discussioni con il governo, perché gli incidenti del 10 aprile, in cui molti dei nostri uomini sono stati uccisi, lo escludono. La situazione è al di là di ogni possibilità di negoziato», ha dichiarato Jatuporn Prompan, uno dei responsabili delle Camicie rosse. «Non si può discutere fra carnefici e vittime», ha aggiunto il portavoce dei sostenitori di Thaksin. I leader dell'United front for Democracy against Dictatorship (Udd) si incontreranno nel tardo pomeriggio di oggi per discutere della possibilità di colloqui di pace con il governo. Lo ha annunciato Natthawut Saikua, sottolineando che «vogliamo discutere il nostro punto di vista circa un altro round di colloqui su una possibile tregua proposta dal governo». Il leader della protesta ha poi chiarito di non voler accettare la proposta del senatore Rossana Tositrakul, che aveva detto che il governo dovrebbe perdonare i leader dell'Udd prima di aprire i colloqui di pace con loro. «Perché dovrebbero darci l'amnistia? Più di 20 amici miei hanno perso la vita nella guerra con il governo», ha detto. Intanto, i sostenitori dell'ex premier thailandese Thaksin Shinawatra hanno occupato un centro commerciale a Bangkok, adiacente al quartiere finanziario controllato da centinaia di soldati armati. È dal 12 marzo che le Camicie rosse sono scese per le strade di Bangkok per chiedere le dimissioni del premier, lo scioglimento del parlamento e nuove elezioni. Il 10 aprile scorso sono morte 24 persone negli scontri tra manifestanti ed esercito e oltre 800 sono rimaste ferite. Il 10 aprile, dopo quasi un mese di manifestazioni e scontri nel centro di Bangkok, intervenne l'esercito per sgomberare i manifestanti dal centro storico della capitale e dai disordini che seguirono morirono 25 persone - 19 manifestanti, cinque poliziotti e un giornalista giapponese - e altre 800 circa furono ferite. «Siamo pronti a parlare con delle organizzazioni non governative, dei diplomatici stranieri», ha detto ancora Jatuporn. Secondo un altro dirigente del movimento pro-Thaksin, Nattawut Saikuar, «il governo cerca di rendere legittimo di uccidere ancora la propria gente». Per Nettawut, che ha tenuto una conferenza stampa, «il governo prepara nell'ombra una repressione brutale».

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