Ungheria, storica vittoria della destra
Il conservatore Viktor Orban conquista due terzi del Parlamento: "E' una rivoluzione democratica, abbiamo rovesciato un regime"
I conservatori dell'ex premier Viktor Orban vincono le elezioni in Ungheria e conquistano due terzi del Parlamento. Il partito Fidesz (giovani democratici) segna così un record senza precedenti nella storia del Paese dal 1989: «È una rivoluzione democratica, abbiamo rovesciato un regime», ha esultato Orban, che torna al potere dopo otto anni di governi socialisti fallimentari. Al primo turno dell'11 aprile il partito aveva ottenuto il 52,7%, un record assoluto, e col secondo turno ottiene 263 seggi su 386 . Avanza anche l'estrema destra di Jobbik, che, con il 16,7% e 48 deputati, diventa il terzo partito dietro ai socialisti sconfitti e costretti a un rimpasto: la leader socialista Ildiko Lendvai ha annunciato le dimissioni e il suo probabile successore, Attila Mesterhazy, non può far altro che promettere la rifondazione della sinistra con la nascita di «un nuovo partito democratico, aperto e nazionale». Orban, leader carismatico e populista, è stato già primo ministro fra il 1998 e il 2002 e ora, con un consenso di queste proporzioni, potrà realizzare quelle grandi riforme promesse in campagna elettorale: modifica delle leggi sulla radiotelevisione, sulla doppia cittadinanza (estensione del diritto di voto ai tre milioni di ungheresi oltrefrontiera), e riforma della pubblica amministrazione, con taglio del numero dei deputati e dei consiglieri regionali e comunali. Inoltre, il premier neo eletto potrà designare un nuovo capo dello Stato, quando a luglio scadrà il mandato dell'attuale presidente della Repubblica, Laszlo Solyom. Entusiasta anche il leader di Jobbik, Gabor Vona, che ha un programma di chiara matrice xenofoba e antisemita e riconduce i mali del Paese alla presenza di rom, ebrei e alle multinazionali. Fondatore della Guardia ungherese paramilitare, rivendica anche i territori magiari persi nel 1918, è anti-europeista e minaccia un'opposizione dura al futuro governo Orban per spingerlo a destra sui temi considerati «nazionali».