Odissea nell'ospizio
Appunto di Filippo Facci
Il nuovo premier inglese David Cameron ha 43 anni. Blair fu primo ministro pure lui a 43 anni, come Aznar in Spagna. Zapatero invece ne aveva 44. Clinton andò alla Casa Bianca a 46. Putin in Russia, Persson in Svezia, Socrates in Portogallo, Karamanlis in Grecia e Vanhanen in Finlandia sono stati eletti a 47 anni. Gross, nella Repubblica Ceca, a 35. Quei vecchioni della Merkel e di Sarkozy, a 51 anni. Passando all'Italia, sapete già tutto: da noi sono considerati «giovani» personaggi come Casini (55 anni) e Fini (58) e Di Pietro (60) e via con altro climaterio. Le carriere politiche durano così a lungo, da noi, da farci dimenticare che Pannella ha dichiarato di essere bisessuale chissà quante volte. Ma il fatto grave, e scusate la pesantezza, è un altro. Sappiamo che il cosiddetto «ritardo culturale» delle generazioni - inteso come incapacità di comprendere i mutamenti sociali e tecnologici della società - accelera a velocità strabiliante: ciò che è successo tra il 1900 e il 1910, per dire, è niente in confronto ai cambiamenti intercorsi tra il 2000 e il 2010. Ecco perché, per non capire le teste dei giovani, basta avere 40 anni: col dettaglio che la nostra classe dirigente ne ha molti di più. Non è la vita media ad essersi allungata, e neppure la giovinezza: è la vecchiaia, che arriva in anticipo pur presentandosi inconsapevole e in ottima forma. E' un paese per vecchi.