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Cogne-bis, Franzoni in aula piange: "Sono innocente".

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Processo per calunnia nei confronti dei vicini, "per me si trattava di dare un'indicazione"

Paolo Franzoso
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Torna alla sbarra Annamaria Franzoni dopo tre anni dalla condanna definitiva per l'assassinio di suo figlio Samuele. Continua a professarsi "innocente". Torna per rispondere di calunnia nei confronti di Ulisse Guichardaz, su cui aveva riversato la colpa dell'omicidio. Era il 30 luglio del 2004 e la Franzoni aveva appena subito la condanna di primo a 30 anni di carcere del Tribunale di Aosta. Si difende oggi dicendo di non aver “mai letto la denuncia”. Ricorda solo di “aver firmato alla presenza di Taormina (avvocato della donna all'epoca, ndr)” e del marito Stefano, ma non diede peso alle illazioni inserite: “Non riconosco il documento perché non avevo interesse a leggerlo, visto che non ho mai letto nessun atto”. Si emoziona e piange quando il pm di Torino le chiede di ripercorrere il giorno della morte di Samuele. L'attenzione poi si sposta sull'oggetto del processo definito Cogne-bis. Ricostruisce la giornata in cui firmò la denuncia nei confronti di Guichardaz: "Ho appreso la notizia della mia condanna alla televisione. Poco dopo ho sentito al telefono l'avvocato Taormina e gli ho detto che volevo capire, perchè lui mi aveva illusa dandomi la certezza all'80% che sarei stata assolta”. Si è sentita tradita dal suo legale in quell'occasione: “Gli dissi che avevo bisogno di parlargli perchè le cose non erano andate come lui mi diceva. Lui aveva dichiarato sui giornali che io avevo una cosa importante da dirgli. Ma in realtà ero io che volevo chiedergli delle cose. Quando poi è arrivato a casa mia io gli ho detto ‘va bene ma ora arriviamo al dunque, questa benedetta denuncia... l'autorità giudiziaria deve andare oltre”. E la denuncia ai danni del vicino di casa era già un'arma in serbo per difendersi o contrattaccare nel caso di assoluzione: “Del fatto di presentare la denuncia ne avevamo discusso già prima della sentenza ma lui mi diceva di aspettare a farla perchè se ci fosse stata una assoluzione sarebbe valsa di più". Nel tentativo di scagionarsi, la mamma di Samuele fece accuse ai vicini di casa che avevano toccato in precedenza anche Daniela Ferrod: "Io su di lei non avevo la certezza – dice la Franzoni - così come oggi non ce l'ho nei confronti di Ulisse. Per me si trattava di dare un'indicazione. Pensavo che i nominativi potessero essere più di uno e che sarebbe stato poi chi doveva indagare che avrebbe esaminato". La mamma di Cogne dice di essere stata poi informata del contenuto preciso dell'atto solo poco tempo fa dai suoi avvocati. "Ci sono dei punti in cui non mi riconosco - ha risposto al pm - come le attenzioni sessuali che Ulisse avrebbe avuto verso di me. Io non l'avevo posta in quei termini. Per me valeva tutto, come poteva essere la Ferrod, così Ulisse. Io volevo solo la verità e mi fidavo di Taormina e di Gelsomino (l'investigatore privato assoldato dal suo legale, ndr)".

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