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Napolitano tuona: "Tradisco la Carta? Chiedano l'impeachment"

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Il Quirinale risponde alle critiche sulla contrarietà al voto anticipato. I capogruppo del Pdl: "Polemiche senza fondamento"

Roberto Amaglio
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Tuoni dal Quirinale sul vice presidente del Pdl Maurizio Bianconi. Al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, infatti, non è piaciuta l'intervista rilasciata a "Il Giornale" dal deputato di centro destra in merito alla boutarde politica che sta infiammando questi piovosi giorni d'agosto. Per il vice presidente della Camera, infatti, "Giorgio Napolitano sta tradendo la Costituzione" rispedendo al mittente le richieste di chi vorrebbe tornare alle urne nel caso a settembre la maggioranza si dovesse scoprire debole o inconsistente. Il passaggio incriminato – A scatenare le furie dal Colle l'affermazione in cui Bianconi afferma che "Napolitano, con un atto di incoerenza gravissima, dice no al voto anticipato e sì alla ricerca di un governo tecnico: la Costituzione la puoi tradire non rispettandola, oppure fingendo di rispettarla". E del resto anche Maurizio Gasparri aveva rincarato la dose, affermando che "Il Capo dello Stato, se viene meno la maggioranza che ha vinto le elezioni, deve prendere atto che gli elettori devono decidere quale sia la nuova maggioranza di governo. Non può decidere una congiura di Palazzo". Replica pepata – Un attacco frontale che ha convinto il titolare del Quirinale ad abbandonare i toni pacati del linguaggio istituzionale. Giorgio Napolitano, infatti, in una nota scritta ha risposto per le rime a Bianconi, definendo "avventate e gravi" le asserzioni del pidiellino. "Essendo questa materia (quella della formazione di un governo tecnico o del ritorno alle urne) regolata dalla stessa Carta – di cui l'onorevole Bianconi è di certo attento conoscitore –, se egli fosse convinto delle sue ragioni avrebbe il dovere di assumere iniziative ai sensi dell'articolo 90 e relative norme di attuazione". "Altrimenti - conclude il Quirinale - le sue resteranno solo gratuite insinuazioni e indebite pressioni, al pari di altre interpretazioni arbitrarie delle posizioni del Presidente della Repubblica e di conseguenti processi alle intenzioni". Chiedano l'impeachment – Da notare che l'articolo 90 della Costituzione è quello riferente alla possibilità di mettere in scacco un'importante carica istituzionale. Una sorta di sfiducia che in Italia è stata già utilizzata nel 1991 ai danni di Francesco Cossiga, allora proprio presidente della Repubblica. La procedura per la messa in stato d'accusa del capo dello Stato in Italia è parlamentare, ma una volta deciso l'avvio dell'impeachment, il giudizio sul Presidente è affidato alla Corte costituzionale. A svolgere il ruolo di accusatori davanti alla Corte sarebbero dei commissari eletti dal Parlamento in seduta comune. Il Pdl corregge il tiro - Ad abbassare i toni dello scontro (come lo ha definito Bossi) è arrivata una nota congiunta firmata dai capogruppo del Pdl alla Camera e al Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri. "Il confronto di lunedì dimostra che si è trattato di polemiche senza fondamento. Nessuno sta forzando e nemmeno pensa di forzare la mano al capo dello Stato. Ma è indubbio che nel nostro sistema bipolare i cittadini trovino sulla scheda anche il nome del premier. E ipotizzare governi tecnici o di transizione senza consenso elettorale sarebbe vista come una manovra di palazzo lontana dal mandato del popolo. Qualora non vi fossero i numeri per consentire alla maggioranza di procedere, allora la soluzione dovrà essere quella di ricorrere alle urne".

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