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Cogne bis, riprende il processo alla Franzoni

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La madre del piccolo Samuele, già condannata per l'omicidio del figlio, è imputata per calunnia nei confronti di un vicino

Eleonora Crisafulli
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Riprende oggi al Tribunale di Torino il processo "Cogne bis", che vede Annamaria Franzoni, già condannata e reclusa nel carcere di Bologna per l'omicidio del figlio, imputata per calunnia nei confronti di un vicino. Nel 2004 la donna aveva ingiustamente accusato Ulisse Guichardaz indicandolo come l'assassino del piccolo Samuele Lorenzi. La Franzoni, che oggi non dovrà deporre come teste, ha voluto comunque essere presente in aula. Jeans e felpa bianca e rosa, solita acconciatura, è entrata in aula dalla porta laterale sulla destra, scortata dagli agenti della polizia penitenziaria. Suo marito, Stefano Lorenzi, è seduto in terza fila. Uno scambio di sguardi, un saluto da lontano fatto con la mano, poche parole sussurrate a qualche metro di distanza. Poi l'udienza è iniziata. Pianto in aula - "Non ho mai sofferto di ansia, non ho mai avuto problemi di cui si potessero accorgersi mio marito o i colleghi. Non capisco perché si continui a parlare di attacchi d'ansia". Con queste parole, rotte dal pianto, la Franzoni ha aperto la sua lunga dichiarazione spontanea. "Quella mattina - ha aggiunto - ho avuto una forte congestione. Ansia e depressione e tutto quello che volete metterci l'ho conosciuto dopo, con la carcerazione. Non sono stata io a uccidere Samuele e lo ripeto, il trauma che mi porto dietro come madre, la reazione che devo avere per andare avanti è un contesto che non ti dà tregua. Non mi sono mai sentita riconosciuta una madre che ha avuto un grave dolore, e questo fa male. Quando mi sono stati prescritti i farmaci - ricorda la Franzoni - ero andata per un controllo per il mal di schiena. Andai da una specialista, avevo una forte sciatica. In una di queste rare volte, avendo Samuele con me, dissi che ero un po' preoccupata perché il pediatra mi sollecitava preoccupazioni. Non nego che fossi preoccupata per lui, il pediatra diceva che il bimbo era sottopeso. Questo mi faceva stare male, a lei confidai questa situazione. Si disse che ero maniacale nel portare mio figlio dal pediatra. Sono 26 visite in tre anni e due mesi, ho fatto portare da mio marito l'agenda sanitaria. Non ho mai parlato di testa grossa, che lo vedevo malato, sono tutte fantasie che sono venute fuori dal processo".

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