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Due pesi, due inciuci

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di Filippo Facci

Andrea Tempestini
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Il Fatto ogni tanto s'inventa le cose. Marco Travaglio, un anno fa, scrisse così: «Indimenticabile la scena di due primavere fa, quando Renato Schifani fu candidato alla presidenza del Senato e il Pd si astenne sul suo nome (mentre Di Pietro votava Borrelli) e lo applaudì appena eletto». E noi di Libero, un anno fa, gli facemmo notare l'errore: Di Pietro e l'Italia dei valori, infatti, si astennero esattamente come il Pd: mica Borrelli. Forse quelli del Fatto però non credono a Libero, perché il direttore Antonio Padellaro l'altro giorno ha ripetuto l'errore: infatti ha citato «Renato Schifani, eletto presidente del Senato con la benevola astensione del Pd». Solo del Pd. Allora facciamo così: si leggano Repubblica del 30 aprile 2008, a pagina 3, dove si spiega che «Anche Pd e Italia dei valori hanno scelto la via della scheda bianca». Oppure si guardino il resoconto stenografico del Senato (n. 001 del 29 aprile 2008) dove si apprende che Schifani prese 178 voti favorevoli e le schede bianche furono 117: mentre le schede nulle (come sarebbero state giudicate, nel caso, quelle con scritto «Borrelli») furono soltanto tre. E non è certo l'unica volta in cui Di Pietro votò col centrodestra: accadde per l'autostrada Bre.Be.Mi., per il federalismo fiscale, per la società Stretto di Messina, per la società Autostrade e per un sacco di altre cusucce. Salvo, dieci minuti dopo, additare qualche inciucio altrui.

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