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Yara: in campo le squadre speciali

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Gli inquirenti puntano su ambienti vicini alla 13enne: "Conosceva chi l'ha rapita". Il giallo della porta

Andrea Tempestini
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Le indagini per ritrovare Yara Gambirasio, rapita lo scorso 26 novembre, hanno subito un duro colpo con l'abbaglio preso su Moahmmed Fikri, il ragazzo marocchino arrestato per un'intercettazione tradotta male e poi rilasciato. Gli inquirenti cercano nuove piste. Il presupposto da cui si cerca di ripartire è che Yara si fidasse di chi l'ha aggredita. Secondo quanto trapela da ambienti investigativi, sarebbe questa la strada su cui le indagini andrebbero a parare. RITMI SERRATI - Dalla scomparsa di Yara sono passati 13 giorni. I ritmi di lavoro per ritorvarla sono sempre più serrata. Venerdì sono scesi in campo anche diversi gruppi della polizia e dei carabinieri: per la prima volta anche la squadra speciale del Reparto prevenzione crimine e il Servizio centrale operativo, che con il suo direttore, Gilberto Caldarozzi, è noto per aver risolto vari casi, tra cui quello del piccolo Tommaso Onofri, e per aver arrestato Bernardo Provenzano. Sono tornati in azione anche gli uomini impegnati nel dragare vasche d'acqua nel circondario di Brembate. Mercoledì era stata svuotata una vasca di un'azienda di Brembate di Sopra. Oggi, per la prima volta da quando è scomparsa la piccola, nel bergamasco la pioggia ha concesso una tregua. LA PORTA SECONDARIA - Terminata la parentesi Fikri, le ricerche sono ripartite dalla ricostruzione di cosa accadde il pomeriggio della scomparsa, quando in pochi minuti la giovane promessa della ginnastica ritmica, lasciata la palestra, è scomparsa nel nulla. La prima anomalia riscontrata dagli inquirenti affonda le sue radici proprio in palestra. Infatti Yara sarebbe uscita da una porta secondaria, in direzione opposta rispetto a quella di casa. E il fatto che i tre segugi che da giorni scandagliano Brembate di Sopra puntino forte su quella via di uscita non è un caso. YARA CONOSCEVA I RAPITORI - Ma le supposizioni degli investigatori si spingono più in là. Se nessuno può aver notato Yara quando ha lasciato la palestra, è però difficile ipotizzare che le sue urla non siano state sentite. Così come, nel caso i rapitori fossero stati in due, appare poco credibile che la scena non sia stata notata da nessuno. La tredicenne non si sarebbe mai allontanata di sua volontà con uno sconosciuto, afferma senza ombra di dubbio chiunque l'avesse conosiuta. Yara non aveva nessun amore adolescenziale nascosto, niente segreti nel computer o nella rubrica del cellulare. Una bimba, una ragazza trasparente: se ha scelto di uscire da una porta inconsueta, deve esserci stato un motivo, si ripetono gli investigatori: Yara conosceva chi l'ha attirata nella trappola. LA PRIMA TESTIOMINANZA - Ora prende di nuovo vigore, dopo il rilascio di Fikri che è pronto a ripartire per il Marocco e a dimenticare l'esperienza del carcere, la pistache vede al centro dei sospetti i due uomini. E le parole del diciannovenne Enrico Tironi, che per primo rivelò di aver visto la Yara parlare con due persone, trovano conferma. Un altro testimone, poco tempo dopo la scomparsa della ragazza, ha detto alla polizia di averla vista, a pochi  metri dal palazzetto dello sport, vicino a una Citroen rossa. LA VISITA - Nel pomeriggio di mercoledì, intanto, un portavoce degli immigrati ha fatto visita a casa Gambirasio, dai genitori di Yara: "Sono persone straordinarie che nel momento del dolore ci devono insegnare la civiltà", ha detto Mohamed Ahmed, di origine egiziana ma con cittadinanza italiana, dopo aver consegnato una lettera di solidarietà alla famiglia della 13enne scomparsa. "Il loro dolore merita il massimo del nostro rispetto, speriamo di poter festeggiare il Natale con Yara", ha aggiunto. In precedenza erano state ricevute altre due donne appartenenti al gruppo di immigrati giunto da Padova e da altre città.

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