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Carceri, italiano morto in Messico: 8 rinvii a giudizio

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La Procura di Lecce si avvale della Convenzione Onu del 1984: la decisione può fare scuola

domenico d'alessandro
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Era stato arrestato in Messico, nel marzo 2007. Due giorni dopo, è stato ritrovato senza vita in cella. Ora in Italia ci sono otto rinvii a giudizio per la morte del bancario leccese Simone Renda, di 34 anni: ad essere accusati sono i poliziotti e i responsabili del carcere, oltre ad un giudice messicano. Gli avvocati della famiglia Renda si erano opposti alla richiesta di archiviazione, e così hanno ottenuto il processo, che inizierà il 28 aprile davanti alla Corte d'Assise di Lecce. LA VICENDA - Nel febbraio 2007, l'uomo arrivò nel Paese centramericano. Il 1° marzo la polizia turistica locale lo fermò mentre era in un albergo di Playa del Carmen con l'accusa di "disturbo della quiete pubblica". In realtà, stando alle ricostruzioni, nella sua stanza il salentino avrebbe avuto un malore: in conseguenza a ciò, l'uomo sarebbe uscito dalla sua camera in mutande, chiedendo aiuto agli altri ospiti dell'albergo. Dopo 42 ore in cella, il 3 marzo, Simone venne trovato senza vita, ucciso da un infarto. Alla notizia della morte del proprio congiunto, i familiari hanno iniziato una battaglia per risalire ad una ricostruzione dei fatti. Avevano già ottenuto il passaggio dell'accusa da abbandono di incapace a omicidio volontario, per aver sottoposto la vittima a trattamenti crudeli, inumani e degradanti per punirlo di una presunta infrazione amministrativa, durante la detenzione in carcere. "LA GIUSTIZIA HA TRIONFATO" - Una decisione che può fare scuola per casi simili, dove gli italiani all'estero si sono trovati in situazioni di difficoltà", ha detto il legale della madre di Simone, Fabio Valenti. La Procura di Lecce si è avvalsa della Convenzione dell'Onu del 1984 "contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti". Secondo la donna, invece, "la giustizia oggi ha trionfato e ringrazio gli avvocati Fabio Valenti e Pasquale Corleto mi hanno sostenuto. Simone amava il prossimo e spero che il suo nome da oggi possa vivere per sempre aiutando altre famiglie ad avere giustizia per i loro cari".

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