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La Corte detta l'agenda: "Impegno sia preciso"

Legittimo impedimento, le motivazioni con cui la Consulta ha rigettato in parte il provvedimento

Andrea Tempestini
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Le attività di governo che possono rappresentare un legittimo impedimento valgono solo nel caso in cui venga indicato "impegno preciso e puntuale" del premier. Così la Corte Costituzionale nelle motivazioni della sentenza con cui ha bocciato in parte la legge sul legittimo impedimento, arrogandosi di fatto la possibilità di determinare l'agenda dell'esecutivo. PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE - La Corte, successivamente, cerca di legittimare la decisione sostenendo che "il principio della separazione dei poteri non è violato dalla previsione del potere del giudice di valutare in concreto l'impedimento, ma, eventualmente, soltanto dal suo cattivo esercizio, che deve rispondere al canone delle leale collaborazione". Questa "leale collaborazione deve esplicarsi mediante soluzioni procedimentali, ispirate al coordinamento dei rispettivi calendari. Per un verso, il giudice deve definire il calendario delle udienze tenendo conto degli impegni del presidente del Consiglio riconducibili ad attribuzioni coessenziali alla funzione di governo e in concreto assolutamente indifferibili. Per altro verso, il presidente del Consiglio deve programmare i propri impegni, tenendo conto, nel rispetto della funzione giurisdizionale, dell'interesse alla speditezza del processo che lo riguarda e riservando a tale scopo spazio adeguato nella propria agenda". SEPARAZIONE POTERI - Secondo la Consulta, infine, il fatto che il giudici valuti l'impedimento del premier non signficia che tale potere sia "di per sè lesivo delle prerogative del presidente del Consiglio dei ministri, o si ponga in contrasto con il principio della separazione dei poteri".

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