CDay, piazze vuote: che autogol per gli anti-Silvio
Nessuna folla oceanica a difesa della Costituzione, solo in mille a Milano. Sulle (solite) note di 'Bella ciao', Fo attacca Bossi e Berlusconi
L'avevano descritta come la manifestazione per difendere la nostra Carta Costituzionale. Tutti (i leader della sinistra) attendevano questo 12 marzo con la speranza di poter dare un segnale importante. La segretaria della Cgil Susanna Camusso orgogliosamente guidava il battaglione di quell'Italia che, secondo lei, "difende la Costituzione, il lavoro e la dignità delle persone, che vuole un Paese libero, democratico, in cui si possa partecipare". Tante belle parole. Peccato che la risposta della piazza sia stata molto meno calorosa di quanto aspettavano. Milano, un migliaio di manifestanti. Firenze, cinquemila. Padova, duemila. Napoli, alcune centinaia. E ancora, 500 a Cagliari e Sassari, 300 a Trieste, 200 a Pescara. A Roma, manifestazione principale, i numeri sono un po' più corposi ma probabilmente al di sotto delle reali aspettative. Gli organizzatori, sul palco, sparano quota un milione in totale: cifre che lasciano il tempo che trovano. IL SOLITO RITORNELLO - I numeri, quindi, lo dicono chiaramente: il C-Day ha fatto flop. Non c'è da stupirsi, dato che il ritornello ripetuto in ogni piazza è sempre lo stesso. E ha le note di 'Bella ciao', inno della sinistra italiana che colora politicamente una manifestazione che avrebbe dovuto essere - stando agli organizzatori, in primis il Popolo Viola - "di tutti gli italiani", ma ha finito per essere solo di una parte degli elettori di centrosinistra. Sui palchi i soliti personaggi hanno ripetuto slogan ormai usurati. Con qualche "picco": Dario Fo, a Milano, dopo aver dato più volte dello 'scemo' a Berlusconi, ha detto che sogna "di accorgermi che gli arabi sono arrivati qui e Bossi è scappato in Svizzera assieme a tutti i leghisti". Anna Finocchiaro ha addirittura citato l'Inno di Mameli per dire che "l'Italia s'è desta". Per non farci mancare nulla, ha parlato anche Nichi Vendola, secondo cui "oggi c'è assoluto bisogno di difendere la Carta costituzionale, c'è bisogno di difendere un'architettura democratica che è il prodotto più maturo delle rivoluzioni, della modernità della coscienza democratica dei nostri e delle nostre madri". C'E' ANCHE FLI - Euforico Piero Fassino, che da Roma parla di "manifestazione che dà voce a un'Italia civile, perbene, che vuole vivere in un Paese diverso da quello che tutti i giorni ci offre Berlusconi". Il meno 'di sinistra' sembra Pier Luigi Bersani, che offre generosamente al Premier una possibilità: "Se cambia schema di gioco e si interessa ai problemi della giustizia che interessano i cittadini e non i suoi interessi personali, noi possiamo anche discutere". In piazza ci sono proprio tutti, anche il futurista Fabio Granata: "Una grande manifestazione di italiani liberi e diversi ideologicamente - dice uno dei survivors finiani - ma uniti dal patrimonio immateriale essenziale dell'essere italiani, in tutte le città e a Roma è stato manifestato da uomini di destra, la destra di Paolo Borsellino, contro i nemici della legalità repubblicana".