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Yemen: si spacca l'esercito. Vicina la guerra civile

Saleh: "Il popolo è con me, potrei lasciare a fine anno". Intanto i carri armati proteggono il palazzo presidenziale

Federica Lazzarini
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La violenta repressione del regime yemenita nei confronti dei manifestanti, che da settimane chiedono le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, non accenna a diminuire. Martedì mattina le forze armate fedeli a al-Ahmar sono state dispiegate in luoghi strategici del paese, sedi istituzionali ed economiche di rilievo come la Banca centrale. Anche i media sono entrati nel mirino del regime: è stata perquisita la sede della televione satellitare Al Jazeera. La dimostrazione di forza di Saleh non sembra però poter fermare le defezioni  di uomini chiavi dalle file del Governo e dell'Esercito. Il presidente ha dichiarato: "La maggioranza della popolazione è comunque con me, potrei lasciare a fine anno". LA REPRESSIONE - Carri armati e milizie lealiste si sono schierati maretdì mattina davanti alla Banca centrale, sede del Congresso generale del popolo, e intorno ad altri luoghi simbolo del potere. Nello stesso momento la guardia presidenziale, sotto il comando del figlio del presidente Ahmed Saleh, e alcuni corpi speciali, guidati da suo nipote Tarek, sono stati dispiegati davanti al palazzo presidenziale. Continua l'escalation di militarizzazione della Repubblica araba, iniziata lo scorso venerdì 18 marzo con la violenta repressione che ha scatenato i cecchini sui dimostranti impegnati in una marcia pacifica. Il bilancio è stato di 52 morti ed alcune centinaia di feriti. CONTRO AL JAZEERA - Sotto attacco anche i media, in particolare l'emittente panaraba Al Jazeera, che questa mattina ha reso noto sul suo sito che un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione negli uffici della televisione a Sanaa, trafugando alcune apparecchiature per le trasmissioni e le riprese.  L'emittente è da tempo nel mirino del governo del  presidente Ali Abdullah Saleh, tanto che nei giorni scorsi uno dei corrispondenti della tv del Qatar,   Ahmad al-Shalafi, è stato minacciato di ritorsioni sui suoi figli per  avere scritto un articolo su una rivolta in un carcere yemenita.   Simili minacce erano giunte nelle scorse settimane contro altri due   giornalisti di Al Jazeera, che per il momento preferisce non dare ulteriori dettagli sulla perquisizione dell'esercito. EMORRAGIA DI CONSENSI - Nonostante la forza della repressione e l'ampiezza di mezzi utilizzati, la rivolta sembra sembra destinata ad allargarsi sempre più. Continua infatti l'emorragia nelle file delle forze di sicurezza e nell'establishment yemenita. Molti, fra militari e diplomatici, hanno dichiarato pubblicamente di appoggiare la 'rivoluzione dei giovanì, che hanno eletto come loro sede il campus dell'univesità di Sanaa, dove dal 21 febbraio è in corso un sit-in permanente di oltre 3000 studenti per chiedere la fine del Regime di Ali Abdullah Saleh. Quest'onda di sostegno arriva dopo che ieri i giovani rivoluzionari hanno ricevuto la promessa di sostegno da parte di due alte figure dell'esercito yemenita: il Generale Ali Mohsen al-Ahmar, comandante della regione nord-ovest sotto la quale rientra la capitale Sanaa. Nonostante questi molteplici volta faccia, Saleh al potere dal 1978, continua a sostenere di avere "dalla sua l'appoggio della maggioranza del popolo". Il presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, ha avvertito che la spaccatura all'interno delle forze armate avrà un impatto "nefasto" sul Paese. L'esercito, dopo la defezione di alcuni alti generali, appare ormai diviso in due fronti contrapposti, come dimostrano gli scontri avvenuti a Mukalla, nel sudest, dove soldati e la Guardia repubblicana rimasta fedele al regime si sono affrontati. SALEH: "VIA A FINE ANNO"- "Sono saldo al mio posto, potrei lasciare a fine anno", queste le parole del presidente yemenita, dall'agenzia d'informazione Xinhuà. Saleh decisione nel corso di un incontro con esponenti del governo,   ufficiali dell'esercito e capi tribali, nel quale ha anche precisato   che, una volta uscito di scena, non consegnerà il controllo del paese  all'esercito. FRATTINI: "NO ALLA VIOLENZA"- "Ferma condanna per l'uccisione di manitesfanti nella piazze dello Yemen" è stata espressa dal ministro degli Esteri Franco Frattini nel corso della trasmissione radiofonica Radio Anch'io.

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