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Siria, Spari sulla folla. Bashar cerca la tregua

Il presidente potrebbe ripristinare i diritti civili aboliti nel '63 e Erdogan offre "sostegno e contributi" per l'attuazione delle riforme

Federica Lazzarini
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In Siria il presidente Bashar Assad, bersaglio delle proteste degli insorti, dovrebbe annunciare martedì 29 marzo che annullerà lo stato di emergenza in vigore nel Paese dal 1963: un'apertura che potrebbe in seguito portare anche alle dimissioni di Assad, come richiesto dai manifestanti. A facilitare il processo di democratizzazione penserebbe anche la Turchia, paese di strategica importanza negli equilibri mediorientali, che si è proposta come mediatore. Se quete notizie sembravano un primo spiraglio per una normalizzazione nel Paese, la situazione è precipitata nuovamente quando lunedì le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco a Deraa su centinaia di dimostranti che inneggiavano a favore dell'abborgazione della legge di emergenza, in vigore dal 1963. Lo hanno riferito dei testimoni. Convergendo sulla principale piazza di Deera, da cui erano iniziate le manifestazioni di protesta contro il regime di Bashar al Assad represse nel sangue, i manifestanti intonavano: "Vogliamo dignità e liberta" e "No alle leggi di emergenza". FINE DELLO STATO D'EMENRGENZA - Il membro del Parlamento siriano Mohammed Habash ha detto all'Associated Press che i legislatori si aspettano di ricevere una nota dal presidente Bashar Assad, un piano per porre fine allo stato d'emergenza, in vigore da quando il partito Baath di Assad ha preso il potere l'8 marzo del 1963. Esso consente al governo di detenere sospettati senza processo ed esercitare uno stretto controllo sui media; inoltre permette di giudicare i civili davanti ai tribunali militari. Per essere abolito serve il voto di due terzi di una riunione di governo siriano, quindi del Parlamento per l'approvazione finale. La prossima riunione di gabinetto è in programma per domani. Habash ha detto anche che il Parlamento potrebbe esprimersi sulla sezione 8 della Costituzione, modificandola in modo da permettere la formazione di altri partiti oltre a quello di governo Baath e 11 altri gruppi strettamente associati nel Fronte nazionale progressista. LA MEDIAZIONE TURCA - La Turchia si propone come   mediatore anche nella crisi in corso in Siria, dove da giorni i manifestanti scendono in piazza per chiedere un cambiamento. Come   scrive l'agenzia turca Anadolu, il ministro degli Esteri di Ankara,  Ahmet Davutoglu, ha telefonato all'omologo Walid Muallim, per spiegare  che la Turchia monitora da vicino la situazione in Siria. Nella   telefonata Davutoglu ha espresso apprezzamento per  le riforme promesse, offrendo "sostegno e un contributo" per una loro   rapida attuazione. Il capo della diplomazia turca si è inoltre detto rammaricato per le vittime degli scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, definendo come "un passo nella giusta direzione le indagini avviate per individuare i responsabili e il rilascio di alcuni detenuti". Sabato, anche il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha telefonato al presidente siriano Bashar Assad per esprimere apprezzamento per la decisione di avviare riforme politiche. Dopo anni di attriti legati a dispute di confine e di   ripartizione delle risorse idriche, Ankara e Damasco hanno stretto di   recente una solida alleanza, che fa della Turchia il primo partner   regionale della Siria. I due paesi hanno creato un'area di libero   scambio e di libera circolazione e stretto numerosi accordi   commerciali e politici. Come per la crisi in corso in Libia, Ankara   prova a capitalizzare i rapporti con il governo per proporsi come   mediatore e garante del processo di riforme.

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