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Libia, fallisce la trattativa della Ua con i ribelli

L'Unione Africana propone "cessate il fuoco". Apertura Nato, ma deve "essere credibile". Insorti: "Solo se raìs ritira esercito"

Giulio Bucchi
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La mediazione dell'Unione Africana tra Gheddafi e gli insorti libici sembra esseresi arenata. Il raìs avrebbe accettato la tabella di marcia proposta dalla Ua per porre fine alla guerra civile in Libia, un percorso che prevede anche un immediato cessate il fuoco. Ma dall'altra parte, i ribelli, dopo l'incontro a Bengasi con i vertici della Ua, hanno ribadito le posizioni espresse domenica e hanno respinto il piano di pace perché non prevede l'esilio per Gheddafi. LA MEDIAZIONE - I ribelli libici, nell'incontro di lunedì, hanno sostanzialmente ribadito le posizioni sulle quali si erano arroccati domenica. Nel corso di una conferenza stampa che ha seguito il summit, il leader del Consiglio Nazionale Transitorio, Mustafa Abdul Jalil, ha avvertito che gli insorti rifiuteranno qualsiasi tipo di mediazione. La condizione indispensabile perché gli insorti accettino una mediazione rimane quella dell'esilio per Gheddafi, ma il piano dell'Unione Africana non prevdede la fattispecie. Così, esattamente come domenica, la situazione in Libia rimane in stallo. La prima 'tappa' dell'Unione Africana a Tripoli è avvenuta domenica. Non erano trapelati molti particolari del piano al centro della discussione, ma nel corso della riunione si era parlato anche della possibilità che Gheddafi lasciasse il potere. Il presidente sudafricano, Jacob Zuma, che ha incontrato il colonnello alla guida della delegazione di leader africani, aveva però esortato la Nato a mettere fine ai raid aerei per "dare al cessate-il-fuoco una possibilità". Da parte loro, i ribelli di Begnasi avevano già rifiutato il piano: prima di ogni tregua, avevano spiegto, Gheddafi deve ritirarsi dalle strade e rispettare la libertà di espressione.  Il leader dei ribelli, Abdel Jalil, per giustificare la presa di posizione, ha sottolineato che “la proposta Unione africana è datata 10 marzo” e in questo mese Gheddafi “ha ripetutamente violato le risoluzioni Onu,  bombardando le città libiche”. Quindi, "l'unica proposta accettabile è che Gheddafi e i figli lascino la Libia - ha aggiunto -. Gheddafi vada via se vuole salvarsi la pelle.  Noi vinceremo”. NATO: "VERIFICARE CESSATE IL FUOCO" - La proposta sulla quale sta lavorando la diplomazia internazionale prevede la sospensione dei raid aerei della Nato. Il segretario generale del Patto Atlantico, Anders Fogh Rasmussen, ha però avvertito che qualsiasi cessate il fuoco dovrà essere "credibile e verificabile". Per l'Italia ha parlato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che ha spiegato come per il Colonnello non ci sia più spazio. "I figli e la famiglia di Gheddafi non possono avere alcuna parte nel futuro della vita politica libica. Deve ritirarsi, è una precondizione per cominciare da capo la riconciliazione nazionale libica", ha sottolineato Frattini. ZUMA NON C'E' - Al nuovo summit non parteciperà uno dei principali artefici della trattativa, il presidente sudafricano Jacob Zuma, che è tornato in patria anzitempo. Proseguiranno la missione gli altri membri della delegazione: Amadou Toumani Tour‚ (Mali), Mohamed Ould Abdel Aziz (Mauritania), Denis Sassou Nguesso (Congo), accompagnati dal ministro degli Esteri ugandese, Henry Oryem Okello. Il piano dell'Ua, comunque, verte sul cessate il fuoco immediato, il via libera agli aiuti e l'apertura di un dialogo tra Tripoli e Bengasi. BATTAGLIA - Le truppe fedeli a Gheddafi hanno lanciato lunedì mattina un nuovo attacco su Misurata, a est di Tripoli. Al Jazeera, citando un portavoce dei ribelli, ha dato notizia di una violenta esplosione, seguita dal lancio di razzi e missili, nella zona di un'industria siderurgica chiusa a causa della guerra. La città è stata anche bombardata dalle forze lealiste: nell'attacco sono morte sei persone, tra le quali una bambina di sei anni. Si è poi appreso che proseguono gli scontri tra lealisti e ribelli lungo via Tripoli, la principale arteria della città. Per tutta la giornata di domenica, intanto, le due fazioni hanno continuato a fronteggiarsi nella stessa Misurata e ad Ajdabiya, ultima linea del fronte sulla strada verso Bengasi, la capitale dell'insurrezione. Pesante il bilancio degli scontri del fine settimana nelle due città: sono almeno 23 i morti, tutti tra i ribelli e i civili.

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