Patto tra Roma e Parigi: "Non un grande affare"
Belpietro: "Dovevamo tenerci Draghi e cedere i clandestini" / GUARDA IL VIDEOEDITORIALE SU LIBEROTV
Su Libero di oggi, mercoledì 27 aprile, Maurizio Belpietro sottolinea come "le intese raggiunte ieri prevedono di cedere il governatore della Banca d'Italia alla Bce, la Parmalat alla Lactalis e i nostri aerei agli interessi militar-elettorali del signor Bruni. In cambio otterremmo di tenerci i tunisini e tutti gli altri in arrivo sulle nostre coste". Belpietro spiega: "Essendo più esperti in fregature (subìte) che negli affari, non abbiamo i requisiti per poter impartire lezioni sicché non ci mettiamo a discutere con il Cavaliere, che le fregature è solito darle e non riceverle: Fini e Bersani ne sanno qualcosa". Il direttore, però, avavanza una seconda domanda: "Non potevamo tenerci Draghi e cedere i clandestini a Sarkò?". Maurizio Belpietro è tornato a parlare del vertice di Villa Madama: guarda il commento su LiberoTv Di seguito la cronaca di martedì 26 aprile di Tommaso Montesano La stretta di mano iniziale non sembra troppo calorosa. Ma poi, nel corso della conferenza stampa congiunta che a villa Madama chiude il 29esimo vertice bilaterale tra Italia e Francia, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy magnificano il risultato dei colloqui. Per il presidente del Consiglio, la riunione ha prodotto una «forte convergenza su tutti i temi che abbiamo affrontato». Ovvero immigrazione, Libia, cooperazione economica e industriale, Mediterraneo e nucleare. «Abbiamo trovato una soluzione comune ai problemi», concorda il presidente francese, che parla di «accordo totale». Dichiarazioni che servono a superare, ma solo in apparenza, le tensioni accumulate nelle ultime settimane tra Roma e Parigi soprattutto su crisi libica e gestione dei flussi migratori dal nord Africa. Eppure al di là dell'ufficialità dal vertice di Roma esce un solo vincitore: Sarkozy. Ecco perché. "RISTABILIRE I CONTROLLI AI CONFINI" Il piatto forte del faccia a faccia è una lettera scritta a quattro mani da Berlusconi e Sarkozy e indirizzata ai leader dell'Unione europea: il presidente del Consiglio, Herman Van Rompuy, e il numero uno della Commissione, José Manuel Barroso. Oggetto: la pressione migratoria sulle frontiere dell'Ue, causa dello scontro tra i due Paesi sull'onda dei permessi temporanei di protezione umanitaria concessi dall'Italia ai tunisini sbarcati a Lampedusa. L'ondata di arrivi dal Maghreb, denunciano Berlusconi e Sarkozy, rischia di generare una «crisi in grado di minare la fiducia che i nostri concittadini ripongono nella libera circolazione all'interno dello spazio Schengen». Da qui l'appello in vista del Consiglio europeo di giugno: «Appare indispensabile adottare nuove misure». La più importante, per Italia e Francia, dovrebbe prevedere «la possibilità di ristabilire temporaneamente controlli alle frontiere interne in caso di difficoltà eccezionali nella gestione delle frontiere esterne comuni». Una proposta che va incontro alle necessità di Parigi, che aveva addirittura accarezzato, sulla scorta dei respingimenti alla frontiera di Ventimiglia, l'idea di sospendere gli accordi di Schengen salvo deviare, alla vigilia del vertice di villa Madama, sulla richiesta di rivedere le clausole di salvaguardia. E così è stato. «Vogliamo che il trattato di Schengen viva, ma perché viva deve essere riformato», esulta Sarkozy. Quanto all'emergenza immigrazione sulle coste italiane, Berlusconi deve accontentarsi del richiamo a Bruxelles affinché sia rafforzata Frontex, l'agenzia incaricata di vigilare sulle frontiere comunitarie. L'«ampliamento delle sue capacità operative», scrivono il Cav e Sarkozy, «costituisce un imperativo prioritario» e «il suo bilancio dovrebbe essere adeguato di conseguenza». Buoni propositi e nulla più, gli stessi che compaiono nella parte in cui i due chiedono all'Ue di adottare, in caso di «afflusso massiccio di profughi dalla Libia», piani di intervento fondati su «meccanismi di solidarietà specifici per la concessione della protezione temporanea» agli immigrati. Gli stessi piani rifiutati da Bruxelles quando a proporli è stato Roberto Maroni, ministro dell'Interno. In ogni caso, precisa Berlusconi, il discorso non riguarderebbe Parigi: «La Francia ogni anno accoglie 50mila migranti. L'Italia ha una media di 10mila. Lo sforzo della Francia è quindi 5 volte superiore». Non c'è nessuna volontà, dunque, di «accusare» l'alleato di comportamenti inadempienti «che non ci sono stati». LE BOMBE CONTRO IL COLONNELLO Sarkozy incassa a piene mani anche sul fronte libico. La decisione italiana di partecipare ai raid aerei contro il regime di Gheddafi soddisfa in pieno Parigi. E Sarkozy non fa nulla per nasconderlo: «Ci rallegriamo della decisione dell'Italia di inviare gli aerei in Libia». Un rafforzamento del nostro profilo militare sul quale la Francia, nel corso dei colloqui preparatori in vista del vertice, aveva premuto sull'acceleratore. A Berlusconi, così, non è rimasto altro che provare a minimizzare il maggiore coinvolgimento italiano circoscrivendo la nostra azione a «interventi con razzi di estrema precisione su singoli obiettivi militari». Poi c'è la partita economica. Pur definendo «singolare» il fatto che la francese Lactalis abbia lanciato l'Opa su Parmalat il giorno del vertice, il premier si è affrettato a precisare di non considerare «ostile» la mossa del gruppo transalpino. «È una strada da seguire quella di dare vita a grandi gruppi internazionali franco-italiani e italo-francesi». Sarkozy ringrazia: «Non c'è motivo di farci la guerra. Lactalis è la maggior azionista di Parmalat, siamo costretti a trovare una soluzione». Questa: «L'Italia ha piccole e medie imprese molto forti e la Francia grandi gruppi. Creare gruppi franco-italiani è un gran vantaggio per noi e per l'Italia». Un accordo nel quale rientra l'appoggio di Parigi alla nomina di Mario Draghi, attuale governatore di Bankitalia, al vertice della Banca centrale europea: «Siamo felici di appoggiarlo, è un uomo di valore», concede Sarkozy. Il capo dell'Eliseo ha buon gioco anche nel maramaldeggiare sul nucleare alla luce del dietrofront italiano sulla strada del ritorno all'atomo: «Il giorno in cui i nostri amici italiani decideranno di tornare indietro, la Francia sarà sempre un partner aperto e accogliente». di Tommaso Montesano