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I clandestini non bastano: 'Porto la guerra in Italia'

Gheddafi: "Tra noi e Roma scontro apero. Vostro foverno fascista e coloniale. Il popolo libico esporterà il conflitto sulla Penisola"

Federica Lazzarini
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"Tra noi e l'Italia è guerra aperta". Parola di Muammar Gheddafi. "Il governo italiano oggi attua la stessa politica fascista e coloniale dai tempi dell'occupazione - ha tuonato il Colonnello in un discorso trasmesso dalla tv di Stato -. L'Italia ha fatto le sue scuse e ha detto che il colonialismo è stato un errore che non si sarebbe ripetuto, ma ora sta facendo lo stesso errore". Al raìs, insomma, non basta mandarci migliaia di clandestini, ma ora vuole anche la guerra. Gheddafi si spende poi in un riferimento ai raid italiani: "Con rammarico prendiamo atto che l'amicizia tra i due popoli è persa e che i rapporti economici e finanziari sono stati distrutti". "PORTO LA GUERRA IN ITALIA" - Nel suo sproloquio, Gheddafi ha poi dichiarato che "il popolo libico vuole portare la guerra in Italia" e di "non potersi opporre" a questa decisione. "Con rammarico ho sentito i figli della Libia minacciare di portare la guerra in Italia. Dicono che ormai la guerra è tra noi e gli italiani, che uccidono i nostri figli come facevano nel 1911". "I libici hanno ragione - ha proseguito il raìs - e io non posso porre un veto sulla decisione di difendere la Libia e portare lo scontro nei territori nemici. Pensavamo di avere a che fare con una nazione moderna, che ha una città come Roma, la cui storia è universalmente riconosciuta, ma mi rammarica constatare che a cento anni dall'invasione italiana, invece di festeggiare la fine del colonialismo, ci troviamo di nuovo con la colonizzazione che si ripete". Poi il Colonnello chiede: "Dov'è il trattato di amicizia? Dov'è il divieto di aggressione contro la Libia da parte dell'Italia? Dov'è il parlamento italiano? E il governo italiano? E il mio amico Berlusconi?". Poi la delirante conclusione: "Credevamo aveste sentimenti di colpa per il popolo libico. Speravamo che l'Italia, il mio amico Berlusconi e il parlamento italiano condannassero la colonizzzazione, invece sembra che non ci sia un parlamento né, tantomeno, una democrazia, in Italia". APPELLO ALLA NATO - Il Colonnello, nel suo ritorno sugli schermi della tv di Stato, ha provato a tendere una mano alle diplomazie del Patto Atlantico: "Paesi che ci attaccate, fateci negoziare con voi - ha dichiaratoil Raìs -. Siamo pronti al cessate il fuoco, purché non sia unilaterale". Ma la Nato non crede alle profferte di negoziato: "Servono fatti, non parole. Le operazioni proseguiranno - ha dichiarato un alto funzionario dell'Alleanza - fino a quando gli attacchi e le minacce contro i civili non finiranno". Intanto la 'mano pesante' del Colonnello si abbatte sul porto di Misurata, ormai in mano lealista: nella sola giornata di venerdì 29 aprile ha provocato 15 morti, tra cui un bambino di 9 anni. GHEDDAFI: "FERMATE LE BOMBE E TRATTIAMO" - Si dice disponibile a trattare il Raìs, e chiede negoziati per "fermare i bombardamenti della Nato". Sul tavolo mette soltanto il 'cessate il fuoco'. Innanzitutto, Gheddafi insiste sulla sua permanenza al potere: "Non lascerò il mio posto, non abbandonerò il mio Paese e combatterò fino alla morte". Poi sacralizza la sua funzione stabilizzatrice in Libia: "Sono un simbolo per il popolo libico, sono un padre per loro, più sacro dell'imperatore del Giappone". Infine chiede ai paesi dell'alleanza di fare un passo avanti "senza precondizioni": "Siete voi che ci state attaccando, noi non abbiamo violato i vostri confini. La porta per la pace è aperta ma voi dovete smettere di bombardare". Condizioni che, già in precedenza, erano state rigettate dai ribelli, per i quali la trattativa non può nemmeno cominciare se tra le condizioni non figura quella dell'esilio del raìs. "SE VOLETE IL PETROLIO, VE LO DAREMO" - Il Raìs passa poi al contrattacco, brandendo uno dei suoi argomenti più convincenti: "Se volete petrolio, firmeremo contratti con le vostre aziende, non vale la pena andare in guerra per questo". Quello che lancia è un messaggio al paese, ai suoi più che a Barack Obama e Nicolas Sarkozy, che individua come suoi principali interlocutori. Gheddafi cerca di stringeree attorno a sè la popolazione libica fomentandola contro il nemico straniero, pronto a violare i confini di una nazione per accapparrarsi la più grande delle ricchezze: l'oro nero.

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