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La sinistra ora contro i violenti Ma è con lei che sono cresciuti

Si sprecano le prese di distanza dai teppisti di Roma, che però sguazzano nell'impunità. Godono della miopia giudiziaria e di legittimazione culturale

Andrea Tempestini
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Hanno messo a ferro e fuoco Roma. Hanno devastato la capitale. Hanno cercato di uccidere. Eppure c'è chi ancora cerca di fornire delle giustificazioni all'ingiustificabile comportamento dei violenti che hanno trasformato il corteo degli indignati di sabato in un inferno. C'è chi sostiene che non sia colpa loro, ma della società, del capitalismo, del fatto che oggi vivono peggio di quanto potessero permettersi i loro padri. Peccato che oggi molti figli non possano godere dell'agio dei loro papà in tanti paesi del mondo e dell'Europa della crisi economica, e che però la guerriglia dello scorso week-end si è vista solo e soltanto in italia. Miopia giudiziaria - E i cocchi di sinistra, come li abbiamo chiamati su Libero, godono troppo spesso di impunità. Quando vanno colpiti dalla legge i solerti magistrati prontissimi a indagare sulle donne di Berlusconi latitano e permettono che chi ha sfasciato negozi, vetrine, macchine, monumenti e abitazioni possa camminare tranquillamente in città, scrivere sui blog antagonisti per esaltare le proprie gesta, darsi di gomito con l'amico altrettanto idiota ricordando quando "a momenti gli spacchiamo la testa, allo sbirro". I covi in cui si annidano le bestie sono noti a tutti: centri sociali e tifoserie, due delle culle della violenza italiana, nei confronti delle quali c'è troppa tolleranza (basti pensare al processo di regolarizzazione del Leoncavallo portato avanti a Milano da Giuliano Pisapia). La legittimazione culturale - Vi è poi un secondo aspetto, una seconda spiegazione a quanto accaduto sabato a Roma. Il problema non è soltanto il doppiopesismo giudiziario e la miopia con cui viene guardato questo tipo di violenza da fette troppo ampie della società. Il problema sta anche nella legittimazione culturale della violenza che arriva da molti volti noti e intellettuali. Troppo facile adesso, per la sinistra, dissociarsi dal corteo. Troppo facile dire come Nichi Vendola che "c'erano due manifestazioni, e una di queste era bellissima". Troppo facile per chi è abituato a sfilare in piazza dire "che schifo, che orrore". Troppo facile perché in Italia, da anni, si soffia sul fuoco. Tutti ricorderanno, giusto per pescare qualche esempio, il Giorgio Bocca che spiega come la destra berlusconiana non è fascismo, ma qualcosa di peggio". Un pensiero portato in palmo di mano dall'altrettanto intellettuale Asor Rosa, secondo il quale "da tutti i punti di vista il berlusconismo è peggio del fascismo". Oppure Paolo Flores d'Arcais, che evidentemente del ventennio ricorda poco poiché spiega come "del fascismo il berlusconismo è l'equivalente funzionale e postmoderno, fondato sulla legalizzazione del privilegio e del dominio dell'immagine". Troppo facile dissociarsi - E come loro tanti altri intellettuali e uomini che siedono lautamente pagati in Parlamento. Al contrario, in verità, i fascisti sono quelli che hanno devastato il cuore del nostro Paese. Quelli che sabato hanno cercato di uccidere, rinfrancati dalla consapevolezza di vivere in un Paese in cui tantissimi hanno un nemico da abbattere. Quindi è troppo facile dissociarsi ora, dopo che violenza è stata, spiegando come la stessa violenza sia intollerabile quando troppo spesso si getta benzina sul fuoco. Il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris - che sabato sfilava a Roma - non ha avuto il coraggio di dire nulla. Brutto il fatto che non abbia stigmatizzato le violenze, ma forse è meglio così.

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