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Un delirio per il nuovo Twilight Pure le nonne pazze per vampiri

La folla impazzita per la prima del film a Los Angeles. Oggi "Breaking Dawn" arriva anche nelle sale italiane. E' grande attesa

Costanza Signorelli
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Riusciranno i nostri eroi (Edward e Bella) a vivere felici e contenti dopo anni di patimenti e di feroci astinenze? Sì, ci riusciranno, ma non oggi, non ora. Oggi gli spettatori, meglio le giovanissime spettatrici che faranno la fila ai cinema nel primo giorno (di programmazione) del quarto capitolo della saga di Twilight (Breaking dawn) rimarranno inchiodate da un finale interlocutorio, che lascia l'amaro in bocca. Più o meno quel che è successo con Harry Potter. L'ultimo episodio è stato spaccato in due. La prima parte oggi, la seconda tra un anno.  Motivo dello spacco: nel Breaking dawn di Stephanie Meyer (uscito in libreria sei anni fa) c'era troppa materia per un film solo. Balle. L'idea è di sfruttare la miniera d'oro fino all'ultimo filoncino (infatti è previsto pure uno spin off imperniato sul licantropo Jacob).  Che la saga sia (anche in cinema) una miniera è fuor di dubbio. Basti pensare alle scene selvagge prima durante e dopo l'anteprima a Los Angeles due giorni fa.  Il Noxia Theatre è stato circondato per trenta ore da una tendopoli di giovani accampati lì nella speranza di trovare un modo per sgusciare dentro in qualche modo. Urla over 18 - Eppoi la proiezione. 135 minuti di film commentati ininterrottamente  da urla disumane. Gridavano le teenagers, ma anche le mamme e le nonne, alla faccia di chi sostiene che il fenomeno Twilight è confinato  nelle popolazioni under 18 (o di età mentale corrispondente).Un fenomeno appunto. Davanti al quale è inutile scrivere se il regista Bill Condon è bravo o non lo è. Non ha molta importanza. Per la marea delle urlatrici conta solo se “fotoromanza” fedelmente il libro (e a giudicare dalle grida mai interrotte, lo ha fatto).Dunque, Bella e Edward  si sono sposati e sono andati in viaggio di nozze sulla costa brasiliana. Prima notte. Col problema di sempre: riuscirà Edward a consumare  senza vampirizzare la partner? Per riuscire ci riesce (ma non aspettatevi l'hardcore,  i realizzatori non volevano incappare in un divieto per under 13). Certo, gli istinti di Edward (ancorché frenati)  sono quelli che sono. Bella si sveglia al mattina tutta rotta e piena di lividi, manco avesse passato la notte col marchese de Sade. Non importa, le va bene così (contenta lei...). Edward però è alla prima esperienza erotica e per di più è parto della fantasia di una scrittrice mormone. Non sa niente di contraccettivi e nemmeno di “amplexus interruptus”. Insomma  Bella rimane subito incinta.  Che bello, che bello, mormora come ogni mammina. Macché bello. Il nascituro è un dampyr (mezzo uomo mezzo vampiro). Anzi pare più succhiasangue  che umano. Un energumeno che scalcia nel ventre di mamma  come nessun umano ha mai fatto. E che non sembra avere nessuna intenzione  di attendere i fatidici nove mesi. La povera Bella rischia di morire di parto. E morirebbe se Edward  non avesse la provvidenziale idea di nutrirla di veleno vampiresco (il cibo normale lei lo rifiutava). Bene. Il dampyr nasce ed è una bambina. Che rischia di fare subito una brutta fine perché Jacob, il licantropo innamorato, la vorrebbe sopprimere convinto che abbia ammazzato Bella. Ma i guai non sono finiti. La nascita - La nascita arriva veramente sotto cattivi auspici.  Anche perché era proibita. Noi non la sapevamo, ma un matrimonio misto era l'ultima cosa che doveva accadere nel clan dei succhiasangue  civilizzati della famiglia di Edward. La regola numero uno della tregua che si era instaurata tra i vampiri e gli uomini lupo era quella che ognuno poteva accoppiarsi solo con gente della sua razza. E la cosa non è andata  giù nemmeno ai terribili Volturi, i succhiasangue di sempre. Morale:  a ridosso della nascita si scatena subito  una guerra. Dove l'eroe non sarà Edward, ma lo stoicissimo Jacob. Che per amore della sua Bella (colla B maiuscola) non esiterà a schierarsi contro la  sua gente. Arrivederci al novembre 2012. di Giorgio Carbone

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