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Salta l'incontro Bossi-Silvio Alla fine vince Maroni

I colonnelli del Carroccio riescono a mandare in fumo il vertire tra il Senatùr e Berlusconi: alleanza sempre più in crisi

Lucia Esposito
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Sono sicuri l'orario di partenza e la destinazione: Silvio Berlusconi lascerà la capitale nel pomeriggio per rientrare a Milano. Qui, all'ombra del Duomo, deve incontrare Umberto Bossi. Dovrebbe. A sentire il Cavaliere l'appuntamento è straconfermato. È l'agenda del Senatur a essere ballerina. Il fatto è che, alla vigilia dell'apertura del Parlamento padano (in programma domenica), l'Umberto non ha tutta questa voglia di riannodare i fili dell'alleanza con l'ex premier. All'elettorato nordista vuole presentarsi così, libero e selvaggio. Gli piacerebbe presentarsi così. A lui, ma soprattutto ai colonnelli leghisti, che ieri, per tutto il giorno, negavano il faccia a faccia con l'ingombrante (ex) alleato. i   Si vedranno, non si vedranno. Berlusconi vuole chiarire la situazione con i Lumbard prima che il rapporto si comprometta definitivamente col trascorrere del tempo. Ecco spiegata la fretta: «Non dobbiamo perdere di vista le ragioni dell'alleanza», ha spiegato l'altra sera a cena con gli ex ministri del Pdl. La nascita del governo Monti, che ha spaccato la maggioranza del 2008 in due (azzurri dentro, padani fuori), non avrà conseguenze sul voto amministrativo dell'anno prossimo: «A livello locale», ha ragionato Silvio, «conviene sia a noi che a loro andare insieme». Semmai è a rischio l'alleanza nazionale in vista del voto politico. Quando sarà il momento.    Quando? «Facciamo lavorare Monti», ha ribadito Berlusconi, «stiamogli addosso, ma facciamolo lavorare». Nessuna deadline in primavera, come chiedeva qualcuno degli ex An, ma libertà “vigilata” per i professori che siedono a Palazzo Chigi. Nelle prossime ore Alfano vedrà Monti per conoscere le misure del pacchetto anti-crisi. La bussola, come sottolinea Matteoli, è la «lettera inviata in Europa da Berlusconi», quelli sono i contenuti che stanno bene al partito azzurro. Tutto il resto va valutato, «non essendoci un vincolo di maggioranza».  Tramonta l'ipotesi del governo ombra, prende corpo l'idea di rimaneggiare l'organigramma di via dell'Umiltà per impiegare gli ex ministri nei ruoli direttivi del partito. Berlusconi ha dato mandato ai suoi di studiare soluzioni. Il presupposto: se il partito è come un'azienda e Silvio è il patron, la classe dirigente di rientro dal governo deve essere il consiglio d'amministrazione. L'idea è di formare un direttorio e di costituire dei dipartimenti tematici. Poi non è detto che tutti gli ex ministri continueranno a occuparsi della materia che era di loro pertinenza. Alcuni sì, alcuni no. Dati i rocamboleschi trascorsi, è difficile che Tremonti possa ambire al ruolo di responsabile economico, posto che sembra essere destinato a  Brunetta. Mentre Frattini, Prestigiacomo, Palma continueranno a occuparsi, rispettivamente, di esteri, ambiente e giustizia. Per dire.  A tutti Berlusconi ha chiesto un contributo nella stesura di una relazione politica che riepiloghi le cose fatte dal governo e analizzi i motivi per cui la restante parte del programma non ha visto la luce. Un testo che serva come documento congressuale (ammesso che si faccia il congresso nazionale) o, alternativamente, come base per la campagna elettorale. Insomma Silvio vuole un malloppo da studiare. Il resto della cena di giovedì sera è stato un mix di politologia, sfogotoio e sbadigli. Rianimato soltanto dal discorso sulla legge elettorale, quando qualcuno (ex Fi) ha ipotizzato il ritorno al proporzionale puro facendo infuriare qualcun'altro (ex An). Poi di nuovo  accademia.  Stamattina a Palazzo Grazioli Berlusconi riceverà il presidente del Ppe Wilfried Martens. E Silvio dovrà anche decidere se partecipare o meno al congresso dei popolari europei in programma la prossima settimana a Marsiglia. Il Cavaliere è più per il sì, ma ritorna la solita questione: è il caso di rubare la scena ad Angelino Alfano, alla sua prima passerella internazionale nelle vesti di  segretario del Pdl? di Salavatore Dama  

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