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Basta "inchini" al Giglio governo firma il decreto

Le navi dovranno passare ad almeno due miglia dalle aree marine protette. L'inchiesta: Concordia sotto costa al Giglio 700 volte in tre anni

Matteo Legnani
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Non ci saranno più "inchini". Nè al Giglio nè in prossimità di altre aree marine protette. Il governo, infatti, ha firmato oggi il cosiddetto decreto "anti-inchini" che proibisce il transito delle navi a meno di due miglia. Il documento reca la firma del ministro per l'Ambiente Corrado Clini (che aveva invocato il divieto già nelle ore immediatamente successive al naufragio della Costa Concordia) e del titolare dello Sviluppo economico Corrado Passera. Una misura che acquista ancor più significato alla luce degli ultimi dati emersi dalle 10mila pagine di inchiesta depositate dalla procura di Grosseto. Dalle quali emerge che di "inchini" all'isola del Giglio la Concordia ne aveva fatti la bellezza di 700 dal 2008, cioè in tre anni. Un "vizietto" del quale il presidente di Costa, Pierluigiuigi Foschi, ha detto di non essere a conoscenza. "Sono i comandanti che devono portarne a conoscenza le autorità esterne" si è difeso Foschi. Molti elementi nelle carte dell'inchiesta sono già noti, ma ci sono particolari nuovi: dall'ancora, che la versione ufficiale del comandante Francesco Schettino dava per calata già nel corso della navigazione, subito dopo l'urto con gli scogli e che i video di bordo mostrano essere abbassata solamente alle 22 e 47. Poi c'è il caso dell'allarme anti-falla mai dato: "Se fosse stato diramato, la conseguenza sarebbe stato l'invio di una squadra di emergenza a tamponare la falla e il contemporaneo invio di lance al fine di predisporsi per un prevedibile abbandono della nave" dice il vicecomandante della Concordia Roberto Bosio. E infine gli occhiali di Schettino: l'altro suo vice, Ciro Ambrosio, rivela che il comandante li portava "per stanchezza, ma in plancia durante l'allarme non li aveva perché li aveva lasciati nella cabina. Mi chiese spesso di impostare la scala radar perché non ci vedeva bene».

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