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Riccardi Ecco il ministro che nessuno voleva Non piace ai partiti e si è montato la testa

Il fondatore della Comunità di Sant'Egidio vuole il voto per gli immigrati ma ancora non ha fatto nulla per la famiglia

Nicoletta Orlandi Posti
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Non piace al Pdl, né al Pd e nemmeno alla Chiesa: tra i tanti problemi che ha Mario Monti, uno è interno al governo. Si chiama Andrea Riccardi. Ufficialmente è ministro per la Cooperazione e l'integrazione, nonché (ma qui mancano le prove) per la Famiglia. In realtà si è dato un programma un tantino più ampio che va dalla cancellazione dell'imposta sulle rimesse degli immigrati al raddoppio della durata dei permessi di soggiorno, dalla consulta delle comunità religiose presenti in Italia al piano nazionale per l'integrazione dei Rom. Impegnato a "rinnovare la cultura politica" e "rifondare la democrazia" (così come ha spesso ripetuto in varie interviste,  Riccardi  sembra ignorare la famiglia, che pure rientra tra le sue deleghe, e non fa nulla per quei provvedimenti, come il quoziente familiare, che darebbero ossigeno a chi ha più figli, specie in questo momento di forte inasprimento fiscale. In compenso tira dritto col suo personale disegno, che niente ha a che vedere con il mandato ministeriale: raggruppare i cattolici in politica e seppellire il bipolarismo, perché "la politica italiana si basa molto sulla mediazione". Per capire le ambizioni di  Riccardi - che vanta di avere fondato la Comunità di Sant'Egidio nel 1968 - del resto, basta leggere il curriculum che ha fatto pubblicare sul sito del governo: lungo la bellezza di 55 righe (il triplo di quello del suo collega Lorenzo Ornaghi, che pure qualche titolo in più ce l'ha), definisce sobriamente Riccardi "una delle personalità nazionali di maggiore spicco", "voce autorevole del panorama internazionale", uno "dei trentasei eroi moderni d'Europa" indicati dalla rivista Time e altre modestie del genere. Il problema, per Monti, è che i due partiti che sorreggono il governo, Pdl e Pd, si sono stufati di questi continui sconfinamenti. Il Pdl ha inserito già da tempo la "questione  Riccardi" nel cahier de doléances che Angelino Alfano e i capigruppo Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto lo avevano già hanno sottoposto al premier nell'incontro del 23 dicembre. "Un  ministro  che porta avanti un simile progetto politico non può avere la nostra fiducia", hanno detto i tre a Monti. Il presidente del consiglio è sembrato cadere dal pero e ha risposto che avrebbe controllato l'operato del suo  ministro. Se lo ha fatto, il risultato non si è visto. E le voci romane che vogliono  Riccardi  prossimo candidato sindaco di una grande coalizione che va dal centro alla sinistra non aiutano certo ad ammorbidire il Pdl. Ma i mal di pancia non sono solo tra i berlusconiani. Una pattuglia di bipolaristi cattolici si è accasata nel Partito democratico e non accetta che Riccardi  approfitti della sua posizione di  ministro tecnico per provare a imporre lo schema neocentrista. E la Chiesa? Di sicuro anche tra i vescovi c'è chi non vede di buon occhio il progetto di  Riccardi , il quale peraltro non è in “quota” né alla Cei, malgrado l'aiuto che gli è garantito dal quotidiano dei vescovi Avvenire, né al Vaticano ("la sua aureola di rappresentante numero uno della Chiesa nel governo Monti", nota Magister nel proprio blog, "è abusiva. Né il cardinale Angelo Bagnasco per la conferenza episcopale, né il cardinale Tarcisio Bertone per il Vaticano hanno mosso un dito perché fosse nominato  ministro"). Specie nella Cei l'insegnamento dell'ex presidente Camillo Ruini, per il quale i cattolici in politica devono sparpagliarsi in tutti i partiti e unirsi solo quando in gioco sono i "temi etici", è ancora molto sentito. L'autorevole arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, è uno di quelli che non intendono deviare dalla linea tracciata da Ruini, e come lui la pensano in molti.

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