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Emilio, soldi in Svizzera e congiura: "Complotto interno, farò i nomi"

Fede si difende con Libero dopo l'accusa di aver provato a versare 2,5 mln in Svizzera: "Complotto per abbattermi"

Nicoletta Orlandi Posti
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La storia del giorno è quella che coinvolge Emilio Fede. E anche noi di Libero c'inseriamo per l'intervista in risposta alle notizie apparse su Corriere della Sera e Stampa. Direttore, ma allora cos'è questa storia dei soldi in Svizzera? «Guarda...». Dicono che tu ti sia presentato in questa banca di Lugano con due milioni e mezzo in contanti dentro una borsa, e però non avrebbero accettato il versamento per via della «provenienza dubbia» dei soldi e dei tuoi problemi giudiziari legati al caso Ruby/Lele Mora. «È inventata! È una cosa inventata di sana pianta!». Come inventata? Adesso anche la Procura di Roma ha aperto un fascicolo contro ignoti per verificarne la fondatezza. Ipotesi di reato: riciclaggio. «E invece è tutta un'invenzione. E ti dirò di più: è una strategia organizzata con un preciso scopo». Dunque non ci sei mai andato, in questa banca svizzera? «No, mai. L'unica volta in cui ho avuto rapporti con un istituto svizzero è stato per l'appunto per quella storia di Mora». I due milioni e 800mila euro che Berlusconi diede al cosiddetto agente dei vip, e poi però tu ti saresti “trattenuto” un milione e rotti - cosa che hai sempre negato. E più avanti, era l'aprile del 2010, ti presentasti alla Bsi di Lugano per prelevare 500mila euro e invece te ne diedero 300mila, e ti fecero aprire un conto su cui poi depositare gli altri 200mila. A proposito: pare quasi ti abbiano obbligato, ad aprire questo conto. È così? «Obbligato... È come hai detto, dissero che per poter ritirare i 200mila euro era meglio se aprivo un conto. E su questa richiesta io stesso mi sono sempre posto delle domande. Spero che la giustizia possa fornire le risposte». Tornando alla valigia piena di soldi... «Sì, ecco. Ma scusa: ti pare che io sono così scemo che vado in Svizzera, e attraverso la frontiera con due milioni in una borsa, quando so che lì ho già avuto delle questioni e sono indagato? Ma sono scemo? Allora non sarebbe stato più semplice e meno rischioso andare a Montecarlo, dove non c'è nemmeno la frontiera? Ma dài, proprio non esiste». E visto che la segnalazione sarebbe partita da un funzionario di banca svizzero, significa che la macchinazione partirebbe addirittura da là, dalla banca. Possibile? «Diciamo che c'è stato qualcuno che ha condizionato un impiegato...». Una sorta di complotto? «Chiamalo come vuoi, ma è tutto falso. E poi insomma, questa persona vìola il segreto bancario che in Svizzera è quasi sacro e invia una segnalazione di questo genere all'Agenzia delle Entrate italiana così, senza uno straccio di riscontro... Non sta in piedi. E non ha precedenti, una cosa del genere». Dalle tue risposte par di capire che tu abbia persino un'idea, su chi avrebbe ordito… «Un'idea precisa, altroché». Dicci di più. «Non posso entrare nei particolari, ma... Ecco, io lo definisco qualcuno che ha contatti con i servizietti da toilette deviati». È una battuta o davvero ti stai riferendo a persone vicine alle istituzioni? «No, non  mi far dire di più». Sarebbe una sola persona ad aver organizzato tutto? E come avrebbe fatto? «Uno ha richiesto il servizietto, altri due si sono messi a disposizione per confezionare il pacco». Tre in tutto. «Sì, tre». Che indirettamente avrebbero ingannato due giornali come Il Corriere della Sera e La Stampa. «E su questo c'è davvero da stendere un velo pietoso. Da De Bortoli non me l'aspettavo. Ma scusa, non mi fai nemmeno una telefonata? Cioè, mi chiami e mi dici “c'è questa notizia, l'abbiamo riscontrata, ci dài la tua versione?”. Mi sembra una cosa normale. E invece niente, che tristezza... Ma ne risponderanno: i miei avvocati sono già al lavoro per la querela». Tornando alla macchinazione, che a questo punto assume proporzioni quantomeno inaspettate… «La verità è che sono un giornalista politicamente scomodo, troppo vicino a Berlusconi. Hanno cercato di farmi fuori con la storia di Ruby, ma è stato dimostrato che non sono stato io a portarla ad Arcore. E adesso ecco quest'altra invenzione». Allora sarebbe una questione politica? E prendono di mira proprio te? «Di certo vogliono farmi perdere credibilità, costringermi a lasciare la direzione del Tg4». E però, scusa, come si coniuga la macchinazione politicamente orientata con il tentativo di farti lasciare il Tg4? «Bé, che si tratti di una macchinazione  è palese. E sono stati bravi, sono riusciti a usare anche i giornaloni. Bravi ma non abbastanza.  Hanno sbagliato a fare i conti, hanno avuto troppa fretta. E però adesso...». Cosa? «...guarda, tempo un paio di giorni e conto di avere elementi per presentarmi io, alla giustizia italiana, e smascherare questi signori.  Quarantott'ore, se non prima. Tra l'altro al magistrato che m'aveva interrogato l'avevo anche preannunciato, che questa era l'aria». Certo che con i soldi hai sempre avuto un rapporto - come dire - un rapporto di amore/odio. Come molti amanti dell'azzardo, del resto. «Io sono un ex giocatore». Come? «Non gioco più, non mi diverto più». Ma ai tempi hai mai avuto una borsa così piena di soldi? «Eh, ai tempi sarebbero stati cinque miliardi di lire...». Appunto. «Ma no, in contanti al massimo qualche milione, dopo - chessò - 20mila euro.  E comunque, se vuoi parlare dei miei soldi, ti dico che i miei conti bancari sono tutti regolari, trasparenti e controllabili». E forse li controlleranno. «Facciano pure, non ho nulla da temere. Ma chi ha organizzato questa schifezza ora deve preoccuparsi. E molto». di Andrea Scaglia      

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