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Milano, l'odissea di Carlotta Di Benedetto: un anno per ottenere il parcheggio per disabili

Simona Bertuzzi
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Sarà perché chi soffre ha una marcia in più. Sarà perché un imbecille ubriaco il 24 luglio di 5 anni fa ha travolto l'auto su cui viaggiava con l'ex fidanzato e le ha portato via l'uso delle gambe, insieme a un bel pacchetto di sogni. Sarà perché ha un animo nobile e non sopporta le ingiustizie, nemmeno quelle travestite da lacci e lacciuoli della politica. Fatto sta che Carlotta Di Benedetto, 29 anni soltanto, due occhi immensi e azzurri che devono aver rubato un pezzetto di cielo e una mamma incredibile accanto (la signora Veronica), è riuscita a tenere testa al comune. A non farsi intimidire dalla burocrazia canaglia e opprimente. E a diventare la paladina dei diritti dei disabili.

Abita in corso di porta Romana. E ogni giorno esce di casa per andare a fare fisioterapia. Non fa in tempo a chiudere il portone dietro la carrozzina che in un attimo becca il cretino posteggiato sul posto per disabili. Lei non si scoraggia. Alza il telefono e chiama i vigili: c'è un'auto da spostare, venite. La sua corrispondenza col comune di Milano è cominciata il 10 gennaio del 2020. Vigilia di pandemia. Ma questo nessuno poteva prevederlo. Carlotta scrive all'ingegnere del settore urbanistica del comune di Milano. «Buonasera sono paraplegica e quindi in carrozzina da quasi 4 anni a causa di un incidente automobilistico per colpa dell'ennesimo disgraziato ubriaco, dopo 20 mesi di ospedale tutti i giorni mia madre mi porta a fare riabilitazione, peraltro dovrò farla tutta la vita qualche mese fa all'improvviso è stato sostituito l'unico parcheggio per disabile con uno numerato personalizzato all'altezza del civico del medesimo corso. Quindi se prima esisteva l'unica possibilità di parcheggiare sotto casa nel posto auto disabili per diritto acquisito ora non è più possibile, peraltro la via è trafficata e diventa difficile trovare parcheggio altrove...».

 

 

 

 

Carlotta è meticolosa. Si documenta e si informa. Conosce leggi e leggine. Cita l'articolo 22 dei parcheggi per disabili che prevede un posto riservato alla categoria ogni 20 posti auto, poi l'articolo 3 e 38 della costituzione che sanciscono l'uguaglianza dei cittadini indipendentemente dalle condizioni sociali e personali, e il dpr 27 aprile 1978 sull'abbattimento delle barriere architettoniche. Chiede che sia ripristinato il posto generico disabili. E poi si spinge un po' più in là: denuncia «gli archetti posizionati a bordo marciapiede in qualsivoglia spazio, sosta, auto, righe gialle, blu, carico e scarico e nei parcheggi disabili. Gli archetti rasentano tutte le auto in sosta e a peggiorare le cose vi incatenano anche bici e moto... Immagino che nessuno dell'urbanistica sia sia mai posto il quesito di come facciamo noi disabili a salire e scendere dall'auto se ci sono davanti uno o più archetti con bici e moto».

Dopo un paio di solleciti, il comune il 30 gennaio le risponde che il posto generico è stato trasformato in personalizzato per un utente dello stabile ma sono previsti altri 2 stalli generici. Dicono che provvederanno appena possibile. Chiuse le comunicazioni. Carlotta continua a non trovare posto. E a prendere multe perché deve parcheggiare in luoghi non autorizzati. Il 9 marzo non ce la fa più. Scrive all'urbanistica: «Visto il lungo tempo trascorso dalle comunicazioni e sollecitazioni, visto il lungo tempo passato dall'assenza delle soste generiche, visto l'atteggiamento di chi se ne frega della nostra categoria, vi informo che denuncerò la situazione ai media». Come per miracolo le viene risposto il 10 marzo che le aree di sosta verranno realizzate «nella settimana corrente». Ma i problemi non sono finiti.

Perché Carlotta chiede un posto personalizzato proprio per ovviare ai cretini- sempre troppi- che rubano i posti disabili generici. E qui si infila in un nuovo ginepraio senza fine. La madre Veronica produce la documentazione. Lo stato di salute. L'evidente invalidità della figlia. L'esigenza di far tutti i giorni fisioterapia e le normali commissioni. Tuttavia la famiglia ha un box poco distante da casa. E nonostante questo box non sia raggiungibile in carrozzina, causa persistenti barriere architettoniche, basta questo al comune per rallentare la pratica. In buona sostanza, il tecnico preposto ai controlli esce solo agli inizi di agosto e il posto personalizzato per disabili viene realizzato a novembre.

L'ultimo scambio di Carlotta con lo staff dell'assessore Granelli è proprio dell'11. Carlotta vuole spiegazioni. Insiste che nel quartiere ci sono aiuole, archetti e dissuasori della sosta che impediscono ai disabili di muoversi. Che i gradini sono sempre troppo alti in alcuni punti. Che in altri si è costretti a fare gimcane. Che lo stesso posto riservato al disabile davanti a lei è imbrigliato dagli archetti, e come fa un poveretto in carrozzina a scendere dall'auto se la portiera sbatte contro un pezzo di ferro? Una città moderna non può permetterselo. Il comune però fornisce una risposa abborracciata. E parla di generici piani di intervento. «Siamo spiacenti della situazione... ci scusiamo per le lungaggini burocratiche... l'epidemia ha rallentato l'attività di tutte le istituzioni coinvolte... non è il Comune ad autorizzare la realizzazione degli stalli per persone con disabilità, bensì ATS». Citano appalti e interventi di manutenzione. E informano che entro il 2026 l'obiettivo è di dotare di impianti meccanici (ascensori e montascale) ciascuna fermata delle 2 linee metropolitane ad oggi carenti (la linea M1 e linea M2, le più vetuste).Il 2026 appunto. Peccato che nessuno avesse chiesto lumi sulle metropolitane.

 

 

 

«Io vado avanti» dice Carlotta. I suoi occhi parlano per lei. Ha superato un mese di coma, 2 anni di ospedale, una grave contusione polmonare e un'infezione del sangue. Ha dovuto accettare che un ubriaco in auto e pure recidivo le stravolgesse la vita. E poi il dramma di dover resettare la sua quotidianità e i suoi sogni in base alle misure della carrozzina, in base alla larghezza dei marciapiedi, in base ai montascale e agli ascensori, quanto è alto un gradino, quanto è lungo quel cordolo, chi mi può accompagnare, chi spinge la carrozzina se c'è la rotaia.

Qualche giorno fa la sua mamma ha incontrato Luca Bernardo, il candidato sindaco di centro destra e si è sfogata. In fondo chi meglio di un medico può capire: «Milano deve diventare la capitale contro le barriere architettoniche» ha detto il primario di pediatria del Fatebenefratelli, «con me sindaco se i milanesi mi sceglieranno non ci saranno più ostacoli, tutti dovremmo poter vivere, lavorare, parcheggiare in ogni quartiere. Non è più accettabile aspettare un anno per ottenere un pass in un'epoca digitale. Togliere tutte le barriere è la priorità». La priorità appunto. Ma la giunta uscente preferisce rimandare a data da destinarsi.

 

 

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