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Borseggiatrici rom, il salto di qualità: rubano con la scorta

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Claudia Osmetti
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«È sempre più pericoloso fermare le borseggiatrici mentre derubano i turisti e i passeggeri». La denuncia arriva, sulle pagine social di Milanobelladadio, direttamente da Matthia Pezzoni. Matthia è un ragazzo milanese che nel tempo libero fa il presidente del comitato Sicurezza per Milano: è uno di quei cittadini, cioè, che bazzica metro e tram, mezzanini e scale mobili della Rossa o della Verde o di quel che capita, per filmare i tanti borseggi che, ogni giorno, avvengono in città.

Il 23 aprile di quest’anno, però, Matthia se l’è vista brutta: lo hanno accerchiato, lo hanno aggredito, lo hanno colpito con un pugno sul volto. Erano in quattro. «Oramai», prosegue, «queste donne girano con uomini, ma anche con ragazzini, armati: che le proteggono e che, se provi a fermarle, sono pronti ad aggredirle, esattamente come è capitato a me». Non è il solo, Matthia, a cui è capitato: negli ultimi due mesi altri due ragazzi hanno subito lo stesso identico trattamento e un quarto, recentemente, è stato minacciato da un uomo, che gli ha pure puntato un cacciavite alla pancia, mentre tentava di sventare l’ennesimo furto.

Da qui lo sfogo di Milanobelladadio che scrive: «Sembra che il lavoro di prevenzione fatto sui social e in tivù abbia impattato talmente tanto sulle attività criminali delle borseggiatrici in metro che sono state costretta a rivolgersi a protettori che le seguono ovunque e che scoraggiano chiunque provi a bloccarle, talvolta anche con armi da taglio». Segue una serie di commenti da parte dei cittadini riassumibile in: «Milano è diventata la terra di nessuno» e «Hanno più sicurezza loro che i cittadini, il Belpaese all’incontrario» e «Ridiamo per non piangere». Con, tra l’altro, una piccola nota a margine: e ossia che, secondo una ricerca dell’università Cattolica del 2023) appena il 56,1% dei milanesi vittime di un borseggio lo denuncia alle autorità. Quindi il 43,9% manco si rivolge alle forze dell’ordine, quindi il fenomeno è ben più ampio di quanto si dice, quindi l’allarme lanciato (solo) dal centrodestra meneghino è reale che più reale non si può.

 

VAGONI PIENI
Che tu stai lì, pigiato in mezzo alla ressa, con gli occhi fermi sul display del vagone per non perdere la fermata e le mani che stingono la borsa perché mica sei grullo, e manco te ne accorgi. Cerchi con lo sguardo loro, le borseggiatrici, ma non ci pensi che dietro, quel ragazzo in jeans e t-shirt o quell’uomo con la barba rasa, possano fare da palo o, peggio ancora, da bodyguard. Non a te, però. «Ma chi sono queste persone?», si chiede, per esempio, il consigliere della Lega a Palazzo Marino, Samuele Piscina, «da dove vengono? Non sarebbe il caso di fare dei controlli più accurati? Perché se si tratta di minorenni dovrebbero andare a scuola, dovrebbero essere seguiti dai servizi sociali e non dovrebbero, invece, come sembra, essere sfruttati dalla criminalità di strada».

Uno, tuttavia, che il problema lo conosce bene e anche in doppia veste (come politico cittadino e come avvocato che segue proprio il caso di Matthia e, assieme al collega Paolo Di Fresco, quello di un altro ragazzo aggredito) è il meloniano Riccardo Truppo. «Sono cinque mesi che si parla, e non solo sulla stampa locale, ma anche nelle tivù e nei giornali nazionali, delle borseggiatrici di Milano. Cosa è stato fatto, in questo lasso di tempo?», sbotta.

 

E aggiunge: «Niente. Il sindaco, Beppe Sala, e l’assessore comunale alla Sicurezza, Marco Granelli, hanno solo negato il problema. Quando c’è stato da rimboccarsi le maniche per il costoso orologio di Carlos Sainz (il pilota della Ferrari derubato a settembre, ndr) si è risolto tutto in cinque minuti, qui da cinque mesi aspettiamo che si muova qualcosa. L’allarme c’è e il fatto che, ora, le borseggiatrici girino persino con la scorta lo rende ancora più grave. Come se non bastasse», chiosa l’esponente di Fratelli d’Italia, «loro operano con una certa sistematicità: fanno una sorta di briefing alla mattina sempre sulla stessa scalinata, lasciano le borse abbandonate sempre nello stesso punto, sono sempre le stesse persone che fanno sempre gli stessi giri. Se ci fosse la volontà di prenderle, basterebbe poco». Ecco.

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