«Qui non si usa; in questo ufficio non c’è spazio per proposte improprie». Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ce l’aveva l’uomo giusto; solo che non gli andava bene e ha smosso mari e monti, finché non è riuscito a sostituirlo. Lui è Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica del Comune di Milano dal 2016 al 2021. Ed è lui, attualmente europarlamentare del Pd, che ha pronunciato la frase sopra riportata, spuntata per caso in un’intercettazione dell’inchiesta sullo stadio di Roma. «Siamo andati a parlare con l’assessore Maran, gli abbiamo proposto un appartamento ma lui ha risposto di no, spiegando che non voleva prendere in giro chi lo aveva votato. Abbiamo fatto una figuraccia; sembravamo i romani che hai visto in cento film, quelli che vanno su a Milano a fare gli splendidi». Così l’immobiliarista capitolino Luca Parnasi, senza sapere di essere ascoltato dai magistrati, riferiva del suo approccio finito male con la giunta lombarda.
Altri tempi. Maran non era apprezzato da Sala, malgrado fosse approdato al governo cittadino sulla scorta di 5.142 voti personali, risultando il secondo più votato. E sì che, benché ereditato dalla giunta rossa di Giuliano Pisapia, l’amministratore dem condivideva con il nuovo sindaco la visione di una città dinamica, tutto l’opposto di quella da centri sociali che aveva in testa l’altro Pierfrancesco della sinistra milanese, Majorino. Eppure quest’ultimo con Beppe non ha mai avuto problemi; anzi, i due sono sempre filati d’amore e d’accordo. Sarà perché, essendo un estremista, il compagno Pier non è mai stato in concorrenza con il sindaco, oppure sarà perché il riformista Pier ha quei vent’anni in meno che al primo cittadino ciclista, un tantino vanitoso, devono dare proprio fastidio.
Milano, inchiesta sull'urbanistica: a chi trovano 120mila euro in contanti
Circa 120mila euro in contanti sono stati trovati oggi nella disponibilità di Andrea Bezziccheri, costruttore del...L’occasione, guarda caso, per liberarsi di Maran (che compare comunque negli atti dell’inchiesta per “interferenze” su alcuni progetti) e sostituirlo con Giancarlo Tancredi, per il quale i magistrati hanno chiesto l’arresto con l’ipotesi di corruzione, è stata uno scontro durissimo sugli affari in città del re del mattone, Manfredi Catella, anch’egli a rischio domiciliari. Sul tavolo c’era il progetto del Pirellino, un ex edificio del Comune per la riqualificazione del quale l’imprenditore immobiliare aveva vinto una gara. Catella presentò un piano che qualificava lo stabile come dismesso, in modo da aggirare la legge che imponeva di destinare all’edilizia convenzionata il 40% degli appartamenti. La mossa consentiva anche un aumento di volumetria del 20%, un’operazione in grado di portare sessanta milioni di euro in più di guadagno. Beppe Sala era d’accordo e voleva cambiare la legge per accelerare i tempi dell’affare, Maran si oppose, giudicando la cosa non etica e minacciando il ricorso alla Corte Costituzionale. Il sindaco ragionava solo da manager, gli piaceva il progetto e voleva agire subito. L’assessore conservava una dimensione politica, puntando a evitare speculazioni e favoritismi.
In ballo c’era la concezione della città: per i milanesi o per gli affari, case per abitare o per far quattrini. Naturalmente, come si può constatare scorrendo i prezzi degli appartamenti esposti dalle agenzie immobiliari milanesi, prevalse la visione del sindaco, che declassò l’assessore stravotato e lo rimpiazzò all’Urbanistica con Tancredi. Quest’ultimo è un eccellente dirigente del Comune, che aveva incrociato Sala ai tempi dell’Expo, quando Beppe era il manager di fiducia del sindaco Letizia Moratti. Tancredisi è poi fatto le ossa curando i progetti dei modernissimo quartieri di City Life e Porta Nuova, quelli dei grattacieli, e dopo degli scali ferroviari, della Darsena sui Navigli e di Santa Giulia. Per questo è stato individuato dal sindaco come l’uomo giusto per spingere sullo sviluppo edilizio di Milano. Un progetto al quale il dirigente credeva al punto di accettare uno stipendio più basso. Bisogna segnalare che la notizia della richiesta di arresti domiciliari non ha al momento compromesso l’immagine dell’assessore agli occhi degli addetti ai lavori. Tutti lo descrivono come persona onesta e competente. Tuttavia espressione del modello di sviluppo di Sala, che il nuovo arrivato si è impegnato a realizzare a testa bassa. Le carte dei pm paventano un’accusa di corruzione, ma il quadro è ancora davvero molto nebuloso. Quello che appare è che Tancredi possa aver avuto un ruolo da facilitatore della visione dinamica che la giunta ha della città. La Procura ritiene che questo approccio nasconda un piano ombra criminogeno, tuttavia i sospetti sono tutti da provare. Più concreta è la vicinanza dell’assessore con il presidente della Commissione del Paesaggio milanese che approvava i progetti, Giuseppe Marinoni, a sua volta accusato di corruzione sul sospetto che alcuni incarichi di consulenza ricevuti da Catella sarebbero il prezzo dei suoi via libera. Sembra che Tancredi abbia insistito per la conferma del presidente e fosse al corrente del fatto che questi, anziché astenersi come avrebbe dovuto, abbia votato a favore di progetti rispetto ai quali era in conflitto di interessi. Ci vorranno anni perché l’inchiesta arrivi a conclusione e si conoscano le responsabilità dei protagonisti. Di certo però l’edilizia a Milano si è bloccata subito e lo resterà a lungo. Il sistema Sala, al di là degli esiti del processo, non può più operare.