E quindi sarà solo e soltanto un prendere o lasciare, senza margini di trattative. Perché la delibera che a fine mese arriverà in Consiglio comunale per la vendita dello stadio San Siro, approvata ieri dalla giunta comunale con il solo voto contrario dell’assessore Elena Grandi dei Verdi (in precedenza aveva votato a favore in un caso e astenuta in un altro), non è una delibera in senso stretto, ma un vero e proprio contratto, con tanto di clausole stringenti e richiami normativi non interpretabili, ma solo da applicare. Quindi non è emendabile da parte dei consiglieri comunali, come spiegano gli assessori della giunta Sala. E la ragione di questo bel “pacco” a scatola chiusa è molto semplice. L’esecutivo cittadino, dopo una tarantella durata cinque anni, vuol sì vendere lo stadio, ma alle proprie condizioni, senza variazioni sul tema. Il Consiglio comunale deve solo limitarsi ad assumersi la responsabilità politica e amministrativa. Magari anche quella giudiziaria, considerando le inchiesta in corso. Non a caso nella delibera-contratto è previsto lo scudo penale per i due club (Milan e Inter).
Nel caso in cui dovessero essere aperte «indagini o procedimenti penali», sulla vendita dello stadio, tali da impedire «l’inizio dei lavori nei tempi concordati», o che mettano in «discussione la bancabilità del progetto», Milan e Inter potranno rescindere dal «contratto» di vendita dello Stadio San Siro. Non a caso i rossoneri sono sempre in corsa per realizzare un impianto a San Donato.
Ma non c’è solo lo scudo penale a gettare ombre sul documento varato dalla giunta Sala (a presentare la delibera alla stampa è stata la vice sindaco, Anna Scavuzzo, prendendosi tutta la scena, mentre il primo cittadino ha «saltato» l’incontro per andare a Genova dalla collega Silvia Salis, chissà se per tattica o necessità ...), visto che le due società non hanno ancora detto ufficialmente sì all’acquisto dello stadio e dell’area adiacente.
Lo faranno solo dopo il voto del Consiglio comunale, spiega la stessa numero due di Palazzo Marino, dovendo costituire una società unica per trattare con l’amministrazione comunale. Già, ma potrebbero anche non farlo, tirandosi indietro. Potrebbero, sia chiaro... «Le squadre adesso non dicono 'sì' o 'no', aspettano per vedere se quella che è stata loro illustrata è la proposta che esce dal Consiglio, c’è stata buona disponibilità», spiega la Scavuzzo. Nel dubbio, meglio l’incertezza. «Non ho ancora letto la delibera», afferma il presidente del Milan, Paolo Scaroni, «ma di certo è una buona notizia: un passo in avanti di un percorso che ho iniziato tanti, tanti anni fa, non ricordo nemmeno quando.
Non siamo ancora alla fine, ma sono contento». Quanto al progetto relativo al nuovo impianto Scaroni vuole realizzare «lo stadio più bello d’Europa, perché Milano lo merita. Siamo impegnati in quest’opera così importante, su cui lavoriamo da tanto tempo e investiremo tanti soldi. Sarà uno stadio per tutti, uno stadio di cui, da milanesi, saremo tutti fieri». Modesto particolare: l’assessore comunale allo Sport, Martina Riva, ha confermato che il Meazza non sarà utilizzato per gli europei del 2032. «È importante avere uno stadio che risponda a determinati requisiti di modernità. In Italia siamo fanalino di coda e bisogna adeguarsi. La giunta ha approvato la delibera, ora attendiamo il Consiglio Comunale, speriamo bene», gli fa eco il presidente dell’Inter, Giuseppe Marotta. E se tutto questo sarà vero lo scopriremo solo dopo il voto in Aula, previsto per il 29 settembre, la data di nascita di Silvio Berlusconi (i casi della vita...).
Ma se l’approvazione della delibera perla vendita dello stadio da parte della giunta doveva rappresentare l’apertura del sipario per la scena finale, dal punto di vista politico il documento licenziato dall’esecutivo cittadino rischia di trasformarsi nel primo atto di un vero e proprio thriller, dal finale imprevedibile. «La delibera emanata dalla giunta è un vero e proprio disastro», tuona Alessandro Giungi, consigliere comunale del Pd, «sconclusionata, priva di elementi fondamentali e del tutto appiattita sulla volontà dei fondi speculativi statunitensi proprietari di Milan e Inter». «Con la delibera di cessione dell’area di San Siro spaccate la maggioranza per una cosa profondamente sbagliata», rincara la dose Carlo Monguzzi dei Verdi. «Il fatto che il Comune dichiari in anticipo che la delibera sulla svendita dello stadio non ammetta emendamenti a prescindere», gli fa eco Marco Bestetti, consigliere regionale di Fdi, «è allucinante e il degno epilogo di una farsa imbarazzante. Questa sinistra è davvero indegna di guidare Milano». «Il Consiglio comunale non può essere ridotto a un passacarte: su San Siro serve rispetto delle istituzioni e della città», rincara la dose Debora Giovanati, consigliere comunale di Fi, mentre per il capogruppo di Fdi a Palazzo Marino, Riccardo Truppo, sarà difficile «esprimersi su questo argomento» avendo a disposizione solo «pochi giorni». Il mio voto contrario alla delibera appare scontato», chiosa l’azzurro Alessandro De Chirico. «La giunta porta in Consiglio un documento che divide la maggioranza e riduce l’Aula a un passacarte delle decisioni del sindaco. Milano non merita improvvisazione e confusione», afferma Alessandro Verri, capogruppo della Lega, rifacendosi alle parole di Matteo Salvini, «serve chiarezza, trasparenza e rispetto delle istituzioni, non propaganda e scelte dettate da interessi che restano nebulosi».
E se questo è solo l’antipasto, chissà come sarà la portata principale visto che all’interno della maggioranza sono almeno 6 i consiglieri che hanno già dichiarato il loro no. La delibera, nata da una lunga trattativa con Inter e Milan, mette dei paletti che le squadre dovranno rispettare se decideranno di accettare l’accordo. Tra questi il fatto che il 50% dell’area resterà a verde, si tratta di almeno 80mila metri quadrati. Inoltre la capienza dello stadio sarà di 70mila posti. Per quanto riguarda la compartecipazione del Comune alle bonifiche e alle opere passa dai 36 milioni preventivati a inizio trattativa a 22 milioni. Ci sono poi garanzie finanziarie di diverso tipo per tutelare il Comune anche dopo la vendita dell’impianto. Che il ballo abbia inizio...