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Maria, il racconto a Libero: "La mia vita da incubo con un islamico in casa"

di Massimo Sanvitodomenica 2 novembre 2025
Maria, il racconto a Libero: "La mia vita da incubo con un islamico in casa"

3' di lettura

«Ho superato un tumore ma, mi creda, in confronto agli ultimi quattro anni di umiliazioni e violenze psicologiche è stata una passeggiata». Maria vive nell’hinterland milanese ed è da poco uscita da una relazione tossica con un cittadino egiziano. Un nome di fantasia ma una storia maledettamente reale quella di questa donna, che racconta a Libero l’inferno dentro cui è stata costretta a vivere. «Mi sono portata il diavolo in casa senza accorgermene. Ho sbagliato, è stata colpa mia, ma finalmente è finita. Non so, però, se riuscirò a riprendermi», spiega Maria.

L’incontro con quell’uomo, in Italia per lavoro, è casuale. I primi appuntamenti. Il fidanzamento. La convivenza. L’inizio è buono. «L’ho amato davvero», ricorda lei. Poi, col passare dei mesi, la situazione cambia. Precipita. «I soldi che guadagnava li usava solo per sé. Aveva anche il vizio del gioco...». Maria sta male, il cancro la costringe a duri cicli di chemioterapia ma dal suo compagno non trova supporto. Anzi, trova un muro. «Mi lasciava pure senz’acqua...». E poi gli insulti, incessanti e sprezzanti. «Italiani di merda e Carabinieri di merda» erano i più gettonati. 

«Quando gli chiedevo perché non tornasse al suo Paese visto che continuava a sputare sul nostro, mi diceva che qui poteva sfruttare il sistema... Noi italiani appena sbagliamo veniamo puniti, loro fanno quello che vogliono e nessuno dice nulla», racconta Maria. In casa c’è un clima di umiliazione totale. «Mi prendeva in giro, perché lui era riuscito a ottenere sussidi importanti per i figli, portati in Italia solo per prendere la residenza utile per l’assegno, mentre io dovevo campare con la pensione d’invalidità...». Bambini che per un periodo hanno anche vissuto con la coppia e la mamma dell’uomo, prima di essere rispediti in Egitto. Eppure risultano ancora residenti qui, anche se non sono iscritti a scuola. «Un giorno il mio compagno mi ha detto che sua madre non sarebbe più venuta da noi. Perché? Osavo indossare maglie a maniche corte. Per lei era un affronto: dovevo coprirmi».

L’islam non è secondario in questa storia dell’altro mondo. Anzi. La pressione religiosa è costante. «Era arrivato a vietarmi di andare a recitare il rosario in cortile. Vedeva malissimo la statua della Madonnina. Ma non mi sono mai fatta condizionare: sono cattolica e nessuno può impedirmi di pregare il mio dio». La punta dell’iceberg, forse, arriva nel febbraio del 2024. Alla televisione scorre il telegiornale e piomba la notizia di una 13enne violentata da un branco di egiziani a Catania. Lui minimizza. Lei chiede: «Ma scusa, se fosse stata tua figlia?». Risposta gelida: «Mia figlia non sarebbe uscita a quell’ora». La figura femminile ridotta a oggetto da manovrare a piacimento. Svilita. Disprezzata. Umiliata. Ma non finisce qui. «Quell’uomo è arrivato anche a portare prostitute in casa quando non c’ero. L’ho anche beccato mentre guardava filmati pornografici sul telefonino. Uno schifo», ricorda Maria. Le minacce sono terribili: «Ti prendo e ti butto dal balcone. Poi dico che ti sei suicidata perché non sentivi più le tue figlie...». 

Dopo tutto questo, perché continuare a starci insieme? Domanda scontata che pure la donna rivolge a se stessa ancora oggi. La risposta? «Non avevo la forza di troncare perché stavo male e perché avevo paura di eventuali conseguenze. Ho passato quattro anni di terrore». Un paio di mesi fa lui se ne è andato. All’improvviso, è tornato in Egitto. E chissà se tornerà. Intanto, però, Maria ha abbandonato l’inferno ed è già un passo importantissimo. «Ci ha pensato il signore...», ripete.

Ha anche recuperato il rapporto con le sue figlie (avute in precedenza), interrotto proprio a causa di quella relazione malsana. Prime prove di normalizzazione. «Io ho sofferto tanto nella mia vita, ci sono abituata, ma stavolta non sarà facile ripartire», spiega ancora. La sua storia, in ogni caso, può servire da monito per «tutte le Maria vittime come medi amori patologici». Il suo messaggio è molto chiaro: «Non confondete l’amore con l’ossessione. L’amore rende liberi, l’ossessione imprigiona. Questi contesti sono devastanti e senza nessuna forma di cambiamento. Nel mio quartiere vedo spesso giovani ragazze in compagnia di nordafricani. Mi viene voglia di prenderle e portarle via...».