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Senaldi: "Rigiocate la partita"

Nicoletta Orlandi Posti
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MMa rigiocatela, conviene a tutti. Perfino alla Juventus, che ha vinto talmente tanto che ormai dovrebbe cominciare a preoccuparsi anche del modo. Altrimenti, non la smetterà mai di raccogliere amarezze in giro per l'Europa (l'Atletico Madrid ha perso 3-1 col Valencia dopo averla pettinata). Del primo scudetto post-calciopoli di Conte, l'episodio che più si ricorda è il gol annullato al Milan nello scontro scudetto, una palla entrata di un metro, e non è un caso se l'allenatore due anni dopo se n'è andato perché le vittorie in bianconero non gli davano la misura di quanto in realtà sia bravo. Il nostro calcio il mercoledì celebra Totti che a 38 anni segna in Champions e la domenica gli confeziona un vestitino su misura che probabilmente gli impedirà di togliersi l'ultima grande occasione della carriera. Poi lo processa perché non gli va bene ma non batte ciglio se la signora Agnelli, rigorosamente in inglese, gli intima che se non gli è piaciuto può pure andare a giocarsi un campionato dove vuole per i fatti suoi. Bel rispetto per i campioni, ricorda molto l'umiliazione di Ronaldo consentita a Iuliano, che poi ai microfoni dichiarò «siamo i più forti». Anche lui? Quanti campioni umiliati da arbitri da cartellino rosso e un sistema che li protegge. Chi ha sacrificato metà dell'ultima domenica di sole nella speranza di godersi una delle pochissime partite di cartello del nostro mesto torneo è stato ingannato. Voleva divertirsi, ne è uscito frastornato da tutto quello che non dovrebbe essere calcio. Per non parlare dei poveretti che hanno fatto un abbonamento stagionale allo stadio o alla pay-tv. Magari hanno avuto l'imprudenza di farlo col figlio e non possono neppure stracciare la tessera e chiuderla lì. Fin dal primo rigore concesso, si è avuta la percezione che il giallo svelasse l'assassino a pagina dieci; e allora perché continuare a leggerlo? Il nostro campionato è come i telefilm del tenente Colombo, l'unica incognita è come sarà ammazzato. Juve-Roma va rigiocata perché il calcio deve imparare a difendersi da certi episodi, e il proposito di Tavecchio di introdurre la moviola può trasformarsi in una svolta storica ma per lo spettacolo in corso arriva troppo tardi. Visto che si è in umore di novità, perché non introdurre anche la sostituzione dell'arbitro quando è manifesto che è in giornata no come si sostituiscono i giocatori? Ci saremmo risparmiati il terzo gol irregolare, peraltro quello decisivo. Sarebbe anche un decisivo deterrente contro la diffusa tendenza alla sudditanza psicologica. Diranno che non è possibile rigiocarla ma sono tutte balle. Lo scudetto italiano è stato assegnato a chi è arrivato terzo staccato di decine di punti; altri, palesemente irregolari, sono stati dichiarati prescritti, salvo radiare o far smettere gli arbitri che li avevano condizionati. Sono stati trasformati in rigori dei non-falli di mano fatti fuori area, si è sorvolato su passaporti falsi. Tutto si può fare, basta volerlo; il discrimine è cosa si vuole. E poi c'è perfino il precedente: 1961, presidente della Juve e della Lega Calcio Umberto Agnelli, si stabilisce di ripetere Juve-Inter, assegnata ai milanesi a tavolino per invasione di campo. Altri tempi, che però hanno lo stesso sapore e gli stessi nomi di quelli di oggi. Siamo al 7 ottobre. A chi conviene avere ancora 33 giornate e otto mesi di campionato gravate dal fardello di Torino? Allo spettacolo, alle pay-tv, ai giornali, ai tifosi di Juve e Roma, alla nostra immagine all'estero, ora che nella serie A giocano quasi solo stranieri? Il calcio è la quarta azienda nazionale per fatturato. In tempi di crisi, andrebbe maneggiata con più accortezza e meno partigianeria, sorvolando gli interessi dei potentati di settore e guardando a quello più generale. Se anche questo baraccone salta in aria, che ci rimane? Ma per non farlo saltare in aria, bisogna rispettare tutti i protagonisti. Primi quelli che pagano, non come ora solo quelli che prendono e quindi hanno comunque interesse, di qualunque parrocchia siano, a far passare tutto in cavalleria. di Pietro Senaldi

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