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Belpietro: "Renzi è un piccolo dittatore"

Nicoletta Orlandi Posti
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Strana democrazia la nostra. Provate a riflettere su alcune questioni. Un tizio estromesso dal Parlamento perché per troppi anni ha ricoperto l'incarico di onorevole e si vuole dare un po' d'aria alle Camere, viene ripescato e nominato giudice costituzionale. Lo stesso tizio, che nel passato si era distinto come padre di una legge cassata dal Parlamento, una volta divenuto giudice costituzionale decide l'incostituzionalità della legge che ha sostituito la sua e, successivamente, eletto presidente della Repubblica in virtù degli effetti prodotti da quella legge, dovrà decidere se firmare o meno la legge che il Parlamento voterà in sostituzione di quella che lui ha concorso ad abolire. Tutto questo fra gli applausi. Non solo. Un altro tizio, che non siede in Parlamento ma che grazie a una votazione interna di un partito, che è fino a prova contraria un'associazione privata, è divenuto capo del maggior gruppo presente in Parlamento pur non facendone parte, e grazie a questo fatto decide di sostituire il presidente del consiglio, che è un parlamentare regolarmente eletto, quindi si fa nominare dal capo dello Stato al suo posto, avendo in dono la guida degli italiani senza che questi lo abbiamo mai eletto. Dopo di che, lo stesso tizio decide di nominare un nuovo capo dello Stato, imponendolo al suo partito e al Parlamento, dietro la minaccia di provocare in assenza del presidente della Repubblica una crisi di governo e di mandare a casa i parlamentari eletti. Così, ottiene di eleggere un arbitro il quale in caso di nuove elezioni avrà il compito di decidere se sciogliere il Parlamento e se affidare ancora una volta a colui che ha scelto di nominarlo l'incarico di presidente del consiglio. Tutto ciò senza che in Parlamento nessuno sollevi più la questione che nei passati venti anni, cioè da quando Silvio Berlusconi è sceso in campo, è stata la Questione principale, ovvero il conflitto di interessi. La cointeressenza in attività che nulla hanno a che fare con la politica riguardava solo il capo del centrodestra, mentre i vantaggi, gli scambi di favori e di potere, la confusione di ruoli tra presidente del Consiglio, segretario del partito, presidente della Repubblica, Corte costituzionale, non sembrano colpire nessuno. Solo il patto del Nazareno è in discussione, mentre il groviglio inestricabile di patti che si vanno intessendo all'ombra delle istituzioni pare cosa secondaria, di cui né i giornali né la politica paiono avere voglia di occuparsi. Eppure questo è il nodo vero che strangola la nostra Repubblica. Il vero problema che più di ogni altro impedisce di cambiare il Paese e che Matteo Renzi, il rottamatore, portando Sergio Mattarella al Quirinale ha ufficialmente ammesso di non volere nemmeno sfiorare. Anzi, il nostro giovane presidente del Consiglio in questo conflitto di interessi sembra sguazzare come un pesce nell'acqua, destreggiandosi a meraviglia in una democrazia intrappolata da mille intrecci e da ancor più profonde relazioni. E anzi la usa per rafforzare ancor di più il proprio potere e il proprio controllo sul Paese. Approfittando del legittimo desiderio degli italiani di un cambiamento, il premier sta togliendo ad uno ad uno i pesi e i contrappesi pensati dai padri costituenti, badando bene a rafforzare il proprio peso. Ciò a cui Renzi sta dando vita è infatti una specie di democrazia autoritaria dove solo lui e pochi altri intorno a lui sono in grado di decidere. Il controllo del partito si è trasformato in un controllo del Parlamento, poi in quello del governo (dove conta esclusivamente il suo parere, mentre tutti gli altri sono personaggi secondari, a partire dal ministro dell'Economia che non è più un contraltare al capo dell'esecutivo come ai tempi di Tremonti). Renzi si sta facendo su misura una legge elettorale che lo eleggerà dominus incontrastato, dopo aver occupato ad uno ad uno i centri di potere del Paese, cominciando dalle aziende di stato per finire al Quirinale, dove ha portato chi di certo non gli è ostile, ma semmai è ostile alla parte avversa. Di questo passo, quella del capo del governo si potrebbe presto trasformare in una dittatura democratica, dove tutto in apparenza rispetta le forme della democrazia, ma dove uno solo ha il potere di indirizzo e decisione. Paradossalmente, in nome dell'anti berlusconismo, la sinistra ha sacrificato ogni idea liberale e ogni rispetto delle garanzie costituzionali. Credo che mai si fosse visto un capo di governo - che è anche capo di partito - ricevere le delegazioni a Palazzo Chigi per decidere dell'elezione del presidente della Repubblica. Il capo dello Stato, il garante dell'unità del Paese, scelto come l'amministratore di una qualunque società partecipata e poi imposto alle Camere dietro la minaccia di una crisi di governo. Per anni ci hanno afflitto con le lamentazioni contro il Cavaliere nero, adesso che ce n'è uno bianco e rosso che accentra tutto, tacciono. Giusto, meglio non disturbare il grande Timoniere, non si sa mai: potrebbe imporre bavaglio e guinzaglio. di Maurizio Belpietro [email protected] @BelpietroTweet

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