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Oriana Fallaci: "Ho il diritto di odiare l'Islam"

Giulio Bucchi
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Le chiediamo di parlare, ancora una volta. Di ripetere le parole che - quasi quindici anni fa, ormai - sono state respinte con fastidio, con sdegno e con derisione. Ma che oggi risuonano pesanti di verità, e gravide di accuse soprattutto verso l'Occidente. Che non ha saputo e voluto capire, che ha continuato a trincerarsi dietro il politicamente corretto e che non è riuscito a porre un freno all'avanzata del terrore. Oggi, mentre i video mostruosi dello Stato islamico affollano il web tra decapitazioni, affogamenti e patrimoni dell'umanità distrutti, dobbiamo rivolgerci ancora una volta alla Cassandra che aveva previsto tutto. Stiamo parlando di Oriana Fallaci. Nel mare di carta che invade le librerie affrontando il rapporto fra l'islam e il mondo occidentale, le pagine più ardenti sono ancora le sue. Quelle della Trilogia (La Rabbia e l'Orgoglio, La Forza della Ragione, L'Apocalisse), ma anche quelle scritte prima e dopo sul medesimo argomento. Ovvero l'universo musulmano, a cui è dedicato il nuovo volume a firma Fallaci che Rizzoli manderà in libreria il 3 settembre. Si intitola Le radici dell'odio. La mia verità sull'islam, ed è un bel tomo corposo (480 pagine, al prezzo di venti euro). Soprattutto, come spiega la scheda editoriale, contiene «molti brani finora inediti in cui (Oriana) affronta il conflitto con l'Islam senza mezzi termini». L'operazione è interessante, e meritevole d'attenzione, perché questo libro può fornire una panoramica - approfondita se non esaustiva - della concezione fallaciana della cultura islamica. Che si delinea già nel primo reportage della grande fiorentina sulla condizione della donna nei Paesi musulmani, in cui raccontava: «Ho visto le mussulmane la cui vita vale meno di una vacca o un cammello. (...) Vi sono donne nel mondo che ancora oggi vivono dietro la nebbia fitta di un velo come attraverso le sbarre di una prigione». Le terre arabe e musulmane Oriana le ha attraversate, ne ha esplorato gli anfratti. «Marocco, Algeria, Nigeria, Libia, Egitto, Siria, Libano, Iraq, Iran, Giordania, Arabia Saudita, Afganistan, Pakistan, Indonesia», si legge ancora nella scheda di presentazione del libro. «È il mondo dell'Islam, dove nonostante i “fermenti di ribellione” le regole riservate alle donne sono immote da secoli. Nel deserto palestinese la Fallaci s'infiltra nelle basi della guerriglia araba, incontra i capi di Al Fatah, Arafat e perfino un dirottatore aereo e una terrorista responsabile di una strage a Gerusalemme. Ascolterà i superstiti della tragedia di Monaco raccontarle quella notte in cui il commando arabo fece irruzione nella palazzina del Villaggio Olimpico. Intervisterà re Hussein, Golda Meir, Khomeini, Gheddafi, Sharon. Tornerà nel deserto durante la prima guerra del Golfo». Nel corso dei decenni, l'odio la fa sempre da padrone. Colpisce per esempio rileggere ora l'intervista che la Fallaci realizzò nel 1970 alla palestinese Rascida Abhedo, «colei che il 21 febbraio 1969 aveva fatto esplodere due bombe al supermercato di Gerusalemme, causando una carneficina». Fa impressione ritrova in quella donna la spietatezza che oggi si rivede, per esempio, nel boia Jihadi John che sgozza ostaggi inermi. Sentite con che freddezza la Abhedo spiegava che tra gli israeliani, anche i bambini sono nemici da uccidere: «Non sono una criminale ricordo un episodio che accadde proprio al supermarket, un giorno che vi andai in avanscoperta. C'erano due bambini. Molto piccoli, molto graziosi. Ebrei. Istintivamente mi chinai e li abbracciai. Ma stavo abbracciandoli quando mi tornarono in mente i nostri bambini uccisi nei villaggi, mitragliati per le strade, bruciati dal napalm. (...) Così li respinsi e mi alzai. E mi ordinai: non farlo mai più, Rascida, loro ammazzano i nostri bambini e tu ammazzerai i loro». Non hanno fatto lo stesso ragionamento i talebani pakistani che pochi mesi fa hanno compiuto un macello in una scuola? Dunque è l'odio, il filo conduttore di questo libro. Perché è l'odio che muove la guerra religiosa in atto. Ed è uno dei più maestosi pezzi della Fallaci quello risalente al 2005, in cui la scrittrice (anzi «Scrittore», come si autodefiniva) rivendica per sé il diritto a odiare. Ne diede lettura alla cerimonia di consegna dell'Annie Taylor Award, a New York. Il suo discorso, in versione integrale inglese, fu pubblicato da Il Foglio. Poi, il primo dicembre del 2005, Libero ne pubblicò la versione italiana, col permesso della stessa Fallaci, che ne rivide personalmente la forma. Da quel testo origina e trae ispirazione il nuovo libro. Un testo quanto mai attuale, perché l'Occidente dei buoni sentimenti ha bandito l'odio e la rabbia, perdendo contestualmente il suo orgoglio, e di conseguenza anche la guerra contro i fanatici di Allah. È lo stesso Occidente che allora, a Parigi, processava Oriana per istigazione all'odio, e che oggi ha messo alla gogna gli autori di Charlie Hebdo. Scriveva la Fallaci: «Se ho il diritto di amare chi voglio, ho anche e devo avere anche il diritto di odiare chi voglio. Incominciando da coloro che odiano me. Sì, io odio i Bin Laden. Odio gli Zarkawi. Odio i kamikaze e le bestie che ci tagliano la testa e ci fanno saltare in aria e martirizzano le loro donne. Odio gli Ward Churchill, i Noam Chomsky, i Louis Farrakhan, i Michael Moore, i complici, i collaborazionisti, i traditori, che ci vendono al nemico. (...) E se sbaglio, ditemi perché coloro che odiano me più di quanto io odi loro non sono processati col medesimo atto d'accusa. Voglio dire: ditemi perché questa faccenda dell'Istigazione all'Odio non tocca mai i professionisti dell'odio, i mussulmani che sul concetto dell'odio hanno costruito la loro ideologia. La loro filosofia. La loro teologia. Ditemi perché questa faccenda non tocca mai i loro complici occidentali». Rileggere queste parole non è mai stato tanto necessario. di Malabarba

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