Renato Farina: "Fazio è crollato per demerito suo. Si credeva un dio"
Fabio Fazio va male. Gli ascolti della sua serata domenicale su Rai 1 non sono all'altezza, ma non è solo questo: su Rai 1 sembra un buddista che dice messa. Fa scappare i devoti, mentre i buddisti restano in pagoda. Chi la sa lunga più di tutti sulla tivù, il nostro Maurizio Costanzo, spiega che la rete ammiraglia della Rai non va bene per lui, e non ci sono prospettive di salvezza. Andava così bene a Rai 3, con il suo Che tempo che fa, adesso fa brutto. Spiace perché Fazio è un fenomeno, la sua carriera è stata quella favolosa del brutto anatroccolo professionista, così bravo nella parte che non ha bisogno di trasformarsi in cigno, anzi è troppo furbo per volerlo, così evita anche lo strazio del famoso ballo di Ciaikovskij, con quel suo lago di sventura. Ecco Rai 1 non è il lago giusto per lui, se si fa cigno, ci morirà. Il nostro consiglio qui pertanto è: rifaccia i pacchi, torni a Rai 3, con la sua tribù. Sia chiaro: non ce l'abbiamo per i suoi compensi milionari, non appartiene alla filosofia di questo giornale contestare chi riesce a farsi pagare il più possibile, peggio per il padrone se è scemo. Siamo mossi d'amicizia e stima sincere: su Rai 3 ci divertiva, catturava noi borghesucci, del tipo che se potessimo metteremmo giù la cera, e gireremmo con le pattine per casa. Fazio ripeteva le nostre movenze dall'esterno del nostro mondo, con un filo di sprezzatura, ma anche di simpatia. Ci trattava come quelli che sbavano per Orietta Berti e i Cugini di Campagna, ma sì, lasciamoglielo credere, finché la barca va, vada anche Fazio. A noi che non siamo di sinistra ci piace che ci facciano il verso. Per questo ci prendevamo la libertà di spostarci su Rai 3, per vedere come ci prendesse bonariamente in giro con dentini di latte poco velenosi, da seminarista in gita, quando non lo vedono i superiori, ma alla fine sentono tutto, sanno tutto, e in realtà piace loro essere al centro della presa in giro. Purché il monello non lo facciano nella recita ufficiale davanti al cardinale, alle autorità civili e militari e alle dame di san Vincenzo. Non che a loro scandalizzi ascoltare qualcosa di salace e poco riverente, ma da dietro la tenda: su Rai 3 appunto. Dunque, caro Fabietto, torna a casa prima di finire lesso. Sono consapevole dell' inutilità dell' appello. Infatti il conduttore ha già dato una risposta a questa obiezione. Lo ha fatto su Repubblica di ieri, che ospita una sua intervista mascherata da retroscena. Antonio Dipollina non virgoletta niente, ma lo echeggia sin dal titolo: CambieRai. Proprio un bel giochetto di parole, non è vero? Anche qui si capisce che Fazio è in difficoltà. Mai visto, lui che è un maestro della lingua italiana, scivolare in una banalità così stentorea. Egli nel testo largamente autorizzato si qualifica come il demiurgo. Uno dei primi frammenti della filosofia occidentale è attribuito a Zenone e dice: «O Zeus, donaci il miracolo di un cambiamento». Ed ecco che Zeuz-Fazio avvisa di essere sceso dal cielo e non è che pensa di cambiare lui e adeguarsi agli abbonati del teatrino, ma pretende di mutare lui, non subito, ma in un paio d' anni la fisionomia interiore del pubblico, adeguandolo a se stesso, alla sua illuminata arte. Scrive proprio così Dipollina-Fazio: basta parlare di inchini al «pubblico di Rai 1», deve cambiare. Viene il tempo dell' uomo nuovo, dell' homo fabier, per storpiare un po' il più classico homo faber. Questo calembour non è di Fazio, è mio, ma resta sempre meglio del «CambieRai». In questa pretesa da Demiurgo vedo il segno della sua decadenza. E vorrei frenarla per amicizia. Partecipai alla sua prima trasmissione su Tele Montecarlo nel 1992. Non ero nessuno, quasi come adesso. Mi volle lì. Il suo pigmalione era stato Pupi Avati con il fratello Antonio. Fabio conduceva con dolcezza e brio, con sfacciataggine e rispetto: un incanto. A quei tempi era capace di battute abbastanza surreali, un po' da oratorio. Si era specializzato in domande birichine, che trovarono poi spazio su Cuore diretto da Michele Serra (i due collaborano tuttora). Mi colpì questa, a cui cerco da allora di dare risposte, mai del tutto convincenti: «Perché il prosciutto cotto costa più del crudo, se devono anche cuocerlo?». Qui intravvedo il genio che scorge l' assurdità del mondo come Ionesco, da Nobel delle pro-loco di tutto il mondo, non vi pare? Mi chiedo: esiste una domanda più stupida ma anche più da tinello domenicale di questa? No, purché non sostituisca il discorso solenne dello zio comandante dei carabinieri. Ci sono tempi, luoghi, circostanze. La prima serata di Rai 1 no. Non è di sinistra quella gente che la guarda, anche se vota magari a sinistra, ma la domenica sera in casa propria, no. Non sopporta il birignao ostentato della coppietta Fazio-Littizzetto, che appaiono su Rai 1 per due di sinistra che vogliono obbligare la gente a trasformarsi in persone come loro: attori del teatro staliniano, però d'avanguardia. Ehi, ci vogliono far essere come loro, trasformandoci, se vale lo scherzo di prima, in homo fazier, nel senso di fazioso: fabiosetto, faziosetto. Dai, ritorna a casa. Impara da Bruno Vespa il quale su Rai 3 al massimo ha fatto qualche comparsata come monumento di se stesso. Ma se pretendesse di trasferirsi Porta a porta sarebbe cacciato da un corteo antifascista militante, considerato un invasore e preso a uova in testa. Avrebbero pure ragione: «Via col vento» e la terza Camera traslocati nella terra televisiva della «selvaggeria» (termine coniato da Angelo Guglielmi che fondò Rai 3) sarebbero accolti come il generale Custer e il suo 7° Cavalleggeri dai Sioux di Toro Seduto. di Renato Farina