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La legge sul «Fine vita»? Solo una fotocopia di norme già esistenti

Giovanni Ruggiero
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Questa settimana dovrebbe cominciare la discussione al Senato del disegno di legge sul "fine vita". Molti si aspettano novità importanti e invece i suoi principali contenuti normativi sono già oggi diritto vigente in Italia. Analizziamo i punti oggetto del disegno di legge e mettiamoli a confronto con l' ordinamento vigente. 1) Già oggi esiste una disciplina adeguata sul consenso informato. La disciplina relativa al consenso informato nel trattamento terapeutico è da tempo consolidata, sia sotto il profilo giurisprudenziale (a partire dalla Sentenza 438/2008 della Corte costituzionale e oltre un quindicennio prima da numerose pronunce dei Tribunali di merito), sia sotto quello legislativo, non solo in diverse discipline speciali, ma anche in norme generali (art. 3 della "Carta dei diritti fondamentali dell' Ue"), comprendendo anche i trattamenti "salva-vita" come possibile oggetto di rifiuto o rinuncia. Una autorevole esposizione dell' attuale normativa sul consenso informato è contenuta nel Titolo IV del vigente "Codice di deontologia medica". 2) Già oggi hanno piena validità giuridica le disposizioni anticipate di trattamento. Coerentemente con la centralità attribuita al consenso informato, già oggi il medico deve tenere conto delle volontà manifestate dal paziente prima che divenisse incapace. In una celebre sentenza, la Corte di cassazione diede rilievo decisivo a volontà espresse verbalmente e informalmente (Sez, I, n. 21748/2007), a fortiori già oggi devono essere prese in considerazioni disposizioni anticipate attuali e univocamente riferibili al loro autore. L' art. 38 del vigente "Codice di deontologia medica" impone al medico di tenerne conto e all' art. 26 è altresì già prevista anche la possibilità di "pianificazione anticipata delle cure". 3) Già oggi è possibile nominare un fiduciario. La nomina di un fiduciario, senza le formalità richieste per la designazione di un rappresentante legale, potrebbe essere considerato un elemento positivo del disegno di legge, ma anche tale elemento è già previsto nel diritto vigente per un' ampia platea di persone (cfr. art.1, comma 40, legge 76/2106 che riguarda ogni convivenza di fatto ed è estendibile ai matrimoni). 4) Già oggi è vietata ogni forma di accanimento terapeutico. Già oggi è unanime in dottrina e giurisprudenza la convinzione che trattamenti diagnostico-terapeutici, quando sproporzionati o inutili, costituiscano altrettanti illeciti civili e penali, da ultimo disciplinati dalla legge 24/2017. In questo senso, l' art. 16 del vigente "Codice di deontologia medica" dispone che «il medico, tenendo conto delle volontà espresse dal paziente \ non intraprende né insiste in procedure diagnostiche e interventi terapeutici clinicamente inappropriati ed eticamente non proporzionati». Da ricordare poi che la legge 38/2010 assicura ad ogni cittadino il diritto di accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore. Il disegno di legge si limita dunque a ripetere contenuti normativi già vigenti nel diritto italiano e non regola situazioni per le quali da più parti si invoca la sua approvazione. Non solo è inutile: è anche pericoloso. Pericoloso perché fa credere che sia realistica l' idea che il malato sia sempre un decisore competente e razionale. Non è così per i pazienti affetti da demenze o in gravi difficoltà personali. Il rischio poi è anche quello di avallare o di sollecitare decisioni di fine vita di carattere economico (per non gravare sugli altri), presentando come alternative equivalenti l' opzione di proseguire nelle cure e quella opposta di rinunciare alle terapie. Una legge dunque che non ha alcuna ragione per essere approvata, se non il desiderio delle forze politiche di capitalizzare un risultato in vista delle elezioni. di Giampaolo Azzoni e Paolo Becchi *(ordinari di Filosofia del diritto, Univ. Pavia e Genova)

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