Vittorio Feltri controcorrente: "Perché io sto con Mattarella"
Si avvicina il governo M5s-Lega, si allontana drasticamente l'ipotesi del governo del presidente, "di tregua". La giornata di mercoledì una accelerazione decisiva nelle trattative tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con il via libera di Silvio Berlusconi non a una "fiducia" ma a una sorta di "astensione benevola", da valutare provvedimento per provvedimento. In ogni caso, al di là del successo incassato dai partiti, resta lo spettacolo angosciante, a tratti squallido, di due mesi di teatrino di fronte ai quali viene quasi voglia di tifare per Sergio Mattarella. Ecco l'editoriale del direttore Vittorio Feltri, pubblicato su Libero di mercoledì, prima della svolta, ma più che mai attuale. Cari professori, le vostre elucubrazioni stanno in piedi sul piano teorico, tuttavia dal punto di vista pratico vacillano. Da oltre un anno predico al vento che le elezioni politiche non avrebbero risolto alcun problema, ma creati parecchi. Così è stato nonostante ci fosse chi sosteneva il contrario, e cioè che votando no al referendum istituzionale gli italiani si sarebbero liberati di Renzi, sarebbero andati alle urne per poi vivere felici e contenti. E invece siamo qui a roderci l'anima senza sapere che pesci pigliare. Non esiste in Parlamento una maggioranza qualsivoglia, pertanto non ci può essere un governo che rifletta la volontà popolare. Mattarella non ha colpe. Ha dovuto giocare con gli uomini in campo, non scelti da lui bensì dagli elettori, e non è stato in grado di sciogliere il nodo non perché sia bischero lui. Tutt'altro. Il presidente ha provato in ogni modo a darci un esecutivo, però è stato costretto ad arrendersi davanti all'evidenza. Non c'è un partito che prevalga sugli altri. Di conseguenza si impongono nuove consultazioni. Ma non con la legge elettorale in vigore, che comporterebbe un bis di quanto accaduto un paio di mesi fa ovvero una paralisi progressiva. Necessita un sistema che assicuri la governabilità. Il capo dello Stato questo pretende, giustamente, e non altro. Ecco perché pensa di affidare Palazzo Chigi a un bischero qualsiasi che gestisca la presente fase allo scopo di dotare il Paese di regole che disciplinino il voto in maniera tale da consentire la formazione di una maggioranza capace di prendere in mano il timone romano. Egli non ha altra scelta. Se avesse attribuito l'incarico a Salvini, come estremo tentativo, non avrebbe comunque cavato un ragno dal buco poiché non c'è il buco e neppure il ragno. Mancano i numeri. E la politica non è mai disgiunta dall'aritmetica. La nostra è una democrazia parlamentare e il presidente della Repubblica è un garante e non un comandante. Fa quello che può in base agli orientamenti delle Camere. Non ha la facoltà di inventarsi una compagine di ministri che non siano sostenuti dai partiti. E nella presente contingenza i partiti non hanno la potenza di imporsi. Era fondamentale che si alleassero, ma per farlo era indispensabile avessero un denominatore comune che, viceversa, non vi è. Cosicché avremo presto un governo del cacchio che non cadrà subito in quanto onorevoli e senatori sono terrorizzati all'idea di essere licenziati e di rinunciare alla paga. Essi pensano alla tasca e non all'interesse nazionale di cui non gliene importa un tubo. Lo abbiamo verificato da tempo. Rassegniamoci dunque a tirare a campare e non illudiamoci che le cose cambino se non in peggio. di Vittorio Feltri