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Vittorio Feltri: "Vi dico chi era davvero Berlinguer". Il bluff della sinistra: così smonta il mito comunista

Giulio Bucchi
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Walter Veltroni è diventato un editorialista del Corriere della Sera. Normale che scriva articoli sul Pci facendolo passare per un partito morbido e tollerante quanto la Dc. Egli infatti disse di essere più kennediano che comunista, pur rimanendo fedelmente inchiodato a Botteghe Oscure. Le contraddizioni in politica sono all' ordine del giorno. Ma rileggere le vicende dei marxisti italiani è un esercizio stupefacente che insegna molte cose. E Veltroni è capace di presentare Enrico Berlinguer sul quotidiano di via Solferino come un super democratico. La mia opinione è diversa. Penso che il famoso segretario rosso non fosse affatto rosso. Neppure lui sapeva di quale colore fosse, forse era bianco, cioè innamorato della Dc a capo della quale avrebbe voluto ergersi. Egli era un tipo tranquillizzante, come Rumor e come Piccoli, uomini miti e furbi, praticamente volpi in grado di muoversi con disinvoltura nel ginepraio capitolino. È un fatto che Berlinguer, pur dichiarandosi bolscevico, tale non era per mancanza di fede e di adesione alla folle ideologia sovietica. Tanto è vero che a un certo punto, egli si inventò il compromesso storico, ossia una possibile alleanza tra Pci e Democrazia cristiana ovvero un matrimonio spurio, non compatibile, tra pauperisti di centro e di sinistra, allo scopo di spartirsi il potere. Il nobile Enrico si illuse di realizzare simile progetto non calcolando che la Dc era un partito-mamma, strutturalmente identico al fascismo nel senso che inglobava chiunque, purché non rompesse i coglioni. Il cosiddetto compromesso storico rimase una sterile teoria, suggestiva e tuttavia irrealizzabile. Cosicché il politico sardo, di fronte alle difficoltà tecniche di realizzare il proprio piano, ripiegò su un' altra formula altrettanto astrusa: l' eurocomunismo che nessuno capì mai in che cosa consistesse. L' unico Paese in Europa che avesse una parentela stretta con Mosca e dintorni era l' Italia che non aveva certo la forza di persuadere il continente a sposare i sogni berlingueriani. Ogniqualvolta un giornalista, per esempio Scalfari, chiedeva al segretario come intendesse l' eurocomunismo e con quali tecniche trasformarlo in realtà, non riceveva che risposte fumose, prive di connotati credibili. Enrico era un sognatore bravo nel marketing ma fuori dal mondo. Probabilmente neppure lui sapeva che desiderare per la falce e martello. Gli piaceva comandare e arringare le folle ciononostante ignorava dove portarle. Se aggiungiamo che il nostro a un dato momento tirò fuori dal cilindro la questione morale, il quadro confuso si completò. In effetti tutte le formazioni della prima Repubblica rubavano a mani basse, incluso il Pci, attraverso il sistema degli illeciti finanziamenti, eppure Enrico accusò chiunque tranne se stesso e il suo gruppo. Semplicemente ridicolo. Costui in sostanza, pur in buona fede, fu un grande bluff e proprio per questo è ricordato quasi fosse un fenomeno di onestà. Mentre all' epoca sua, Botteghe Oscure riceveva montagne di rubli dall' Urss per stare a galla. Ora che Veltroni lo santifichi non ci stupisce, la nostalgia fa brutti scherzi, però il comunismo rimane una porcheria che Walter dovrebbe risparmiarsi di santificare. di Vittorio Feltri

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