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Pietro Senaldi: "Sinistra e giudici rispolverano il metodo Berlusconi contro Matteo Salvini"

Cristina Agostini
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Il tira e molla di Di Maio, ma soprattutto di Salvini, sulla crisi di governo è stucchevole. Pare incredibile che un leader capace di moltiplicare per dieci i consensi del proprio partito e di scelte coraggiose, come la rottamazione della Lega Nord e dei suoi vecchi dirigenti e la rottura con Berlusconi, sia ora titubante sul da farsi. I suoi elettori e anche i compagni di partito più vicini assistono attoniti, senza riuscire a prevedere le mosse del segretario. Sarebbe però sbagliato attribuire questo comportamento ondivago a scarso coraggio. Salvini è frenato da due cose: il sospetto che, in caso di crisi, sia pronto un ribaltone, con il Pd e Forza Italia pronti a prendere il posto della Lega al governo senza passare dalle urne, e la certezza che vogliono fargli fare la fine di Berlusconi. L' Italia è un Paese a rovescio, dove quelli di sinistra dovrebbero chiamarsi conservatori e quelli di destra progressisti. Da noi la sinistra sguazza nello status quo. Siamo una nazione che si regge sull' assistenzialismo ai poveri, le tasse su chi produce e i privilegi ai ricchi e alle caste, che infatti votano Pd e lavorano contro ogni cambiamento. La resistenza della sinistra, e delle élite che essa rappresenta, a ogni nuova istanza e la sua coriacea difesa di ogni rendita di posizione ha condizionato l' azione di qualsiasi governo del centrodestra, combattuto con le armi di un' ideologia che affondava le radici in quarant' anni di compromesso storico Dc-Pci e con l' uso partigiano di poteri super partes che invece si schieravano, dal Quirinale, alla Consulta, alle Procure, agli uffici tecnici dei ministeri. Leggi anche: Pagnoncelli, Salvini e il sondaggio macina-tutto. Lo "scandalo Metropol"? Attenti a questi numeri Nel 1994 il nuovo era Berlusconi, che prometteva la rivoluzione liberale. Fecero di tutto per abbatterlo: oltre trenta processi, manifestazioni di piazza contro qualsiasi riforma tentasse, fiumi di fango sui giornali, lusinghe agli alleati perché lo tradissero, ridicolizzazione della sua vita privata, girotondi. Silvio perse mordente, si fece concavo e convesso per poi non fare nulla, sostituire i pochi liberali degli inizi con un' infornata di ex democristiani e socialisti, e rimetterci pure a livello giudiziario, perché la sinistra non ha pietà del nemico sconfitto. Il messaggio politico di Salvini è ancora più dirompente e intollerabile per la sinistra. Egli punta all' autonomia regionale, alla riforma della giustizia, all' aliquota fiscale unica e allo stop all' immigrazione illegale. Non è un rivoluzione liberale bensì economica e sociale e mira a smantellare tutti gli interessi della sinistra e delle lobby che la sorreggono. FUOCO DI FILA - Per questo contro Matteo è partito un fuoco di fila che ricorda quello contro il Cavaliere. Il bersaglio è lui perché è chiaro che i grillini hanno perso ogni forza rivoluzionaria. Non sono più un partito ma un cartello politico in vendita al miglior offerente, vuoi che esso sia la Lega, il Pd, le cosiddette élite o chiunque altro. Salvini invece è un leader vero, perciò va abbattuto. Contro di lui utilizzano le medesime armi imbracciate per far fuori Berlusconi: l' Europa, i giudici, l' accusa di essere come Mussolini e perfino il Fini di turno, che oggi ha i completini dell' Upim di Di Maio. Le inchieste contro il leghista sono ridicole, ma sono dei minacciosi messaggi a non cambiare troppo, per non finire travolto dalla macchina dei pm. I famosi 49 milioni di euro sono responsabilità di Bossi e non sua, è impensabile sostenere che un sottosegretario (Siri) si venda alla mafia per 30mila euro, il Russiagate leghista ricorda quello di Trump, molto rumore per nulla. Il fatto poi che i giudici volessero processare lui per l' immigrazione e liberare Carola è un insulto allo Stato, che si esprime anche attraverso il potere di governo. «Il calvario di Salvini» ha titolato Libero qualche giorno fa, spiegando che la via crucis del governo è solo agli inizi, se il leader leghista vorrà davvero percorrerla. Rispetto a Berlusconi ha qualche vantaggio per resistere all' assedio. Il primo è che gli italiani non credono più ai leitmotiv ai quali la sinistra ricorre ogni volta in cui deve fare opera di killeraggio di un rivale politico, dall' allarme fascismo alle accuse di scarsa competenza, di razzismo e di isolare il Paese portandolo sul baratro. Sono armi spuntate, utilizzate troppe volte a sproposito. Il secondo è che la magistratura è del tutto screditata. Anche l' ultimo scandalo del Csm ha svelato che le inchieste hanno spesso motivazioni politiche più che penali, quindi la loro valenza è limitata. E poi Matteo non è un milionario che si è fatto dal nulla, non suscita invidie, poco si può ricamare intorno al suo patrimonio. LE CARTE DEL MINISTRO - Il terzo è che sembra aver capito che è meglio andare solo che mal accompagnato, per questo non si circonda, a differenza di Berlusconi, di persone che lo possono tradire o gli lavorano contro. A differenza del Cavaliere e del suo entourage, non ha alcuna soggezione culturale nei confronti della sinistra. Non vuol piacere a tutti e se ne sbatte di quello che i suoi avversari gli vomitano contro. Questo spiazza la sinistra, perché Salvini riesce a essere, se il caso, perfino più sfrontato dei progressisti, i quali, scaraventati così dal loro piedistallo, sono del tutto disorientati. Infine, il vantaggio più grosso, è che la macchina burocratica di potere contraria al cambiamento è oggi più debole che mai. Per scardinarla però Salvini deve mettersi in testa che non può fare tutto da solo. Deve crearsi una classe dirigente adeguata. E, se proprio necessario, alleati competenti che non siano dei miracolati. Ieri il vicepremier leghista ha detto che troppi ministri grillini sono inadeguati. Vero, ma non si illuda di risolvere i problemi di governo con un rimpasto. Deve correre il rischio di cambiare compagnia di giro. di Pietro Senaldi

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