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Una minaccia dal Guatemala: "Io candidarmi? Mai dire mai". Grillo e Di Pietro godono

L'ex pm di Palermo in partenza per l'America ma non abbandona la pazza idea della politica: "Da lì sarò più libero di parlare. Candidarsi? un diritto di tutti"

Giulio Bucchi
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Il corpo in Guatemala, testa e cuore in Parlamento. E chissà che dall'America Antonio Ingroia non torni prima del previsto: il pm più pubblicizzato e intervistato d'Italia domani partirà per la sua missione anti-narcotraffico per conto delle Nazioni Unite, incarico prestigioso per cui ha rinunciato all'incarico di procuratore a Palermo. "Ma dal Guatemala sarò più libero di parlare", mette subito in chiaro Ingroia, pupillo di Paolo Borsellino e Giancarlo Caselli, bandiera di Magistratura democratica, lingua vivace e mito dei manettari progressisti. Parlare di cosa è facile da intuire: politica. Non a caso è tornata d'attualità la voce di una sua candidatura in un listone con Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e sindacalisti Fiom. Sul Fatto Quotidiano Ingroia aveva smentito, ma sul Corriere della Sera pare più disponibile: "Io in politica? Mai dire mai. Candidarsi è un diritto di tutti". Qualcuno a sinistra lo ha criticato per qualche sua uscita mediatica eccessiva riguardo all'inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia: "Mi sono sentito un po' tradito - ammette - perché io mi considero parte di quel mondo, per la storia che la sinistra ha avuto, da Pio La Torre a Enrico Berlinguer. E perché mi viene un sospetto: che queste critiche, più che dai miei comportamenti o dai presenti errori, derivino dal fatto che con l'inchiesta sulla trattativa siamo andati fuori linea. Io però, non ho da seguire linee bensì cercare la verità".  

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