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Sfotteva SilvioOra tocca a lui andarea caccia di deputati

Dopo le defezioni di Donadi, Formisano ed Evangelisti i dipietristi alla Camera sono rimasti in 18. E per fare un "gruppo" bisogna essere in 20

Matteo Legnani
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  Scherzi del destino. Adesso sono loro, i dipietristi, a stare con il pallottoliere in mano. A controllare se ce la fanno, dopo le ultime defezioni sull'onda degli scandali che hanno colpito l'Italia dei valori, a mantenere in vita il gruppo parlamentare a Montecitorio. Magari con innesti dell'ultim'ora, pescati nel gruppo misto. Eppure due anni fa, poco prima della conta del 14 dicembre che consentì al governo di Silvio Berlusconi di resistere alla rottura con Gianfranco Fini, era proprio Antonio Di Pietro a denunciare la «compravendita di parlamentari», con tanto di quattro esposti presentati alla procura di Roma.  Il regolamento della Camera parla chiaro: servono almeno venti deputati per costituire un gruppo parlamentare autonomo. E l'Idv è con l'acqua alla gola. Dopo l'addio di Massimo Donadi (ex capogruppo) e Nello Formisano, i dipietristi sono scesi a diciannove. Poi è stata la volta di Fabio Evangelisti, che si è dimesso addirittura da deputato. E siamo a diciotto. Leggi l'articolo integrale di Tommaso Montesano su Libero in edicola oggi 10 novembre  

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