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Matteo Salvini, il quarantenne che ha fatto rinascere la Lega

Nel partito e in politica prima dei vent'anni, ha preso il testimone da Maroni al grido di "No euro"

Matteo Legnani
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La Lega senza Bossi? Morta e sepolta. Questo hanno pensato tutti, ma proprio tutti, quando il capo di sempre è stato costretto a de-tronizzarsi dopo gli scandali che hanno coinvolto la sua famiglia e i membri del cosiddetto "cerchio magico" padano. Il partito è passato nelle mani di Roberto Maroni, da sempre indicato come il delfino del Senatùr, ma uomo forse troppo legato nell'immaginario della base ai governi berlusconiani in cui ha avuto incarichi di rilievo. E così il consenso stagnava bassissimo, tra il 2 e il 3%. Miseria per un partito che in passato aveva flirtato col 10% e che al Nord si beccava la crocetta sulla scheda da un elettore su cinque. Poi Maroni ha passato la mano, preferendo alla guida del partito un altro incarico istituzionale, quello di governatore della Lombardia. E il popolo padano, quasi con un plebiscito, ha scelto di dare le chiavi di quel che restava della Lega a Matteo Salvini, l'ex ragazzino entrato nel Carroccio e in politica a neanche vent'anni. Con lui la Lega sta tornando ai tempi d'oro. In forte ascesa già dall'inizio dell'anno, nel mese di marzo ha guadagnato un ulteriore punto percentuale, salendo al 7%. Certo, il Carroccio è sospinto dal vento antieuropeista che soffia forte in tutto il Continente, ma il merito della rinascita va riconosciuto al quarantenne Salvini. Ai milioni di elettori leghisti orfani, Matteo ha saputo dare nuove prospettive. Si è lasciato dietro gli scandali e ha restituito verginità alla Lega. Mossa decisiva è stata la sostituzione del grido di guerra "Padania" con quello "no euro". Ma il successo non si deve solo a questioni di marketing (si pensi al referendum per abolire la legge Merlin, che intercetta consensi non soltanto tra i leghisti). Salvini è, come Bossi, capace di intercettare la pancia dell'elettorato padano che conosce a menadito e con cui è cresciuto in centinaia di ore dietro i microfoni di Radio Padania di cui è stato a lungo direttore.

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