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Facci: "Questa volta sto con Travaglio Napolitano dia la grazia a Corona"

Ignazio Stagno
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Quando autorevoli firme si schierano a favore di un galeotto ecco che i danni possono essere incalcolabili, perché la gente tende a vederle come un circolino oligarchico che si auto-tutela: ma nel caso di Fabrizio Corona forse è diverso. Non sono tanto i suoi amici quelli che chiedono che gli sia concessa una grazia presidenziale, e non stupisce che persino Marco Travaglio l'abbia proposta con argomenti quasi del tutto condivisibili. Ricordiamo il caso in tre parole: Corona è in un carcere di massima sicurezza perché è stato condannato a un totale di 13 anni e 8 mesi (poi ridotti a 9 anni) i quali appaiono come un conto spaventosamente salato rispetto a ciò che ha effettivamente fatto. Questo è successo perché in ogni processo che ha affrontato ha scelto il muro contro muro, ritenendosi innocente come ancora fa. La giustizia, prima che altro tecnicamente, non gli ha perdonato davvero nulla, e sostenere che non abbia infierito - che Corona non abbia cioè pagato anche per le sue pose mediatiche - pare davvero difficile. Ha preso 3 anni e 8 mesi per una fattura falsa, 1 anno e mezzo perché aveva tre banconote false, 1 anno e 2 mesi perché si è scattato una foto in cella allungando soldi al secondino, 1 anno e cinque mesi per una fotografia ritenuta estorsiva al calciatore Adriano (al quale tra l'altro della foto importava zero) e poi eccoci al casus belli, quello che assomiglia a un accanimento: 5 anni per analoga estorsione (fotografica) ai danni del calciatore Trezeguet; non solo perché 5 anni sono comunque uno sproposito, ma perché l'estorsione di Corona è stata inquadrata come «reato ostativo» come succede per il possesso di armi e di droga. Reati ostativi - Per ostative si intendono quelle incriminazioni che non puniscono un comportamento in sé lesivo, ma che vogliono prevenire altri reati che potrebbero conseguirne: nel caso dell'estorsione il caso più classico riguarda il pizzo, quando per esempio un mafioso entra in un negozio assieme a uno sgherro e lascia intendere che quell'esercizio abbisognerebbe di protezione. Ecco: nel caso di Corona, proporre a Trezeguet di vendergli una foto è stata vista come un'estorsione, e la presenza dell'autista di Corona - non di uno sgherro - è bastata per far scattare l'aggravante. Dunque niente sconti di pena, niente lavoro esterno, niente possibilità di domiciliari, niente, solo sbarre come un pericoloso narcotrafficante. Una cosa palesemente assurda, ma è la ragione per cui Corona è rinchiuso con mafiosi e assassini in un carcere di massima sicurezza, ed è la ragione per cui non potrà fruire dei benefici concessi ai detenuti normali. Ha 40 anni e deve stare dentro sino ai 50, punto e basta, oltretutto non riesce a vedere suo figlio anche per via di un complicato decorso post-matrimoniale. Ora: il fatto che la sentenza sia passata in giudicato non esime dal chiedersi come diavolo abbiano fatto a emetterla, per quale ragione cioè i giudici non abbiano escogitato una qualsiasi delle mille scappatoie che consentono loro di fare il bello e il cattivo tempo: altro che «la legge è uguale per tutti», altro che «hanno soltanto applicato la legge»: l'hanno applicata, ma quella sbagliata. Nel caso di Corona la discrezionalità è stata massima: un'estorsione già molto discutibile (ma molto davvero, oltretutto Trezeguet non si dichiara estorto) è stata equiparata a quella di un mafioso legato al racket. È questa la differenza che ci separa dall'impostazione di Marco Travaglio, secondo il quale la sentenza non va neppure discussa ma solo superata in qualche modo, tipo chiedendo una grazia almeno parziale: noi invece continuiamo a chiederci, per questo e altri casi, come sia possibile che lo strapotere dei giudici consenta loro di emettere sentenze del genere. Ci piacerebbe prevenire anziché limitarci a curare. Vada a leggersi, Travaglio, i commenti di molti suoi lettori dopo che in prima pagina aveva ragionevolmente chiesto la grazia: si va da «la giustizia deve essere uguale per tutti» (anche quella sbagliata) al classico «la grazia a Corona aprirebbe un sicuro filone che porterebbe a una grazia per Berlusconi», sino al comico «il padre di Fabrizio Corona, Vittorio, è amico di Travaglio e nel 1994 era vicedirettore della Voce dove lavorava Travaglio, che vorrebbe utilizzare provvedimenti ad personam per i suoi amici». Nota: Vittorio Corona è morto da otto anni. Le reazioni - Fabrizio Corona invece è in galera e ovviamente s'incazza, spedisce lettere ai giornali, si deprime com'è naturale, non si limita a fondare e dirigere un giornale per detenuti e a rivisitare il suo passato come ha fatto in un libro titolato «Mea culpa», che già dice molto. Ora c'è chi - Marcello Sorgi della Stampa, per esempio - sostiene addirittura che l'atteggiamento di Corona faccia da impedimento alla concessione di qualsiasi grazia: ma pretendere che Corona non reagisca alla sua situazione corrisponderebbe più a masochismo che a resipiscenza. Non è possibile che in Italia un condannato non possa neppure criticare la magistratura - ci sono stati altri celebri casi - e non è possibile che l'unica postura consigliabile corrisponda a sdraiarsi a pelle di leopardo davanti ai giudici. La condanna a Fabrizio Corona è assurda e basta, il condannato meriterebbe la grazia presidenziale al pari di altri casi che probabilmente neppure conosciamo: è tutto. Basta e avanza. di Filippo Facci

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