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Vasco Rossi si racconta: "Canto perché ho paura del buio"

Nicoletta Orlandi Posti
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Lui sostiene di essere innocente. E c'è da credergli visto che è praticamente impossibile trovare colpe in un rocker che continua a fare (e bene) il rocker a 62 anni e, dato essenziale, a non tradire il suo pubblico che è diventato nel corso degli anni un esercito assetato di continue novità sulla vita e le opere del Komandante. Ecco perché quando Vasco Rossi si rifà vivo e convoca i giornalisti per il vernissage del suo nuovo disco - dal curioso titolo, appunto, Sono innocente - la giornata diventa un evento. L'incontro avviene nei padiglioni del Medimex, la fiera dell'innovazione musicale di Bari, quindi nella Puglia adorata dal Blasco che ha fissato vicino a Castellaneta il suo personalissimo bunker. «Da queste parti i pomodori hanno ancora il sapore dei pomodori», scherza prima di accomodarsi davanti ai giornalisti. Fuori, legioni di fan lo aspettano, sperano in un selfie, in un autografo, in un bacio. Invano. Una consolazione per il suo popolo: Sky Arte, il canale tematico che ama la musica e la cultura, dedicherá al Komandante il prossimo 5 novembre il bellissimo special Ogni volta Vasco - L'uomo che ha di fronte. L'album Sono innocente, in uscita martedì prossimo per Universal con tre immagini di copertina diverse, è quello che tutti i fan attendevano: quindici brani, dieci inediti parecchio frizzanti con Dannate Nuvole e la ballata Aspettami al top, tre reloaded (tra cui Cambia-menti e L'uomo più semplice) e due bonus track. Un piacevole cocktail di ballate e pezzi rock che faranno da ossatura al tour 2015. Berrettino da Kom in testa, giacca d'ordinanza e battuta sempre pronta, Vasco è apparso più in forma che mai. Sincero e spiazzante, a tratti spiazzante, divertito. Soprattutto quando gli portano un bicchierino di vodka («Sono le sei, è l'ora giusta!»). Un nuovo disco è come la nascita di un figlio? «Questo album è un lavoro di chiaroscuri, molto in bianco e nero perché il rock non potrà mai essere grigio e ha contorni ben definiti. Di certo rappresenta un nuovo inizio: dopo 36 anni di carriera è il 17esimo disco. La verità è che credo principalmente nella musica, nel suo potere consolatorio, nel valore dei testi che scrivo su questo quadernino giallo. Non si può limitare il dolore altrui se uno soffre; lo si può alleviare leggermente con l'arte delle parole». Per questo ha deciso, molti anni fa, di fare il cantante? «Una parola o un verso cantato al meglio può sdrammatizzare un problema, sempre che riesca ad arrivare al cuore. Lo facevano gli antichi greci nelle tragedie quando trovavano il modo di rendere meno dura la realtà a volte terribile della vita». Perché lei ha iniziato a cantare? «Perché da bambini, quando ti mandano in cantina a prendere qualcosa e fa buio, si canta per esorcizzare. Per questo negli stadi, davanti a 50.000, persone canto. Per fare compagnia e per esorcizzare il buio». La sua musica esprime tante cose. Anche un mal di vivere alla Eugenio Montale? «Sì. Il mal di vivere lo conosco bene, però ho imparato a conviverci». Ogni giorno i giornali e i tiggì sono pieni di notizie mortifere… «Non saprei rispondere a dovere, purtroppo per voi non leggo molto i giornali, mi avvilirei troppo nel farlo, preferisco i libri. Di certo, pur stando fuori da questo contesto, mi chiedo non dove andremo a finire ma dove siamo già finiti». Qualche mese fa, però, definì Renzi «una speranza»: la pensa ancora così? «Una speranza per il Pd, forse. Io non mi occupo di politica, sono un giullare che sbeffeggia la realtà degli uomini e delle donne. Mi stupisco del fatto che riusciamo ancora a capirci, e non parlo di politica ma di rapporti interpersonali». Come sta il Blasco in questo mondo? «Come in un disco: entrambi rappresentano un pacco ricco di cose positive ma anche di aspetti negativi dai quali è praticamente impossibile prescindere». Il titolo del nuovo album è Sono innocente: significa che qualcuno è ancora impegnato nel tentativo di processarla per qualche marachella? «Questo è un album di nuove consapevolezze e di vecchi rancori. Il sentirmi giudicato è roba vecchia, chi pensa io sia un corruttore di menti giovanili non ha capito nulla di me. Nelle mie canzoni racconto la realtà che scorgo». Perché far uscire il disco con tre copertine diverse? «Volevo far vedere un uomo e un artista in tre pose differenti: in una viene accusato e si difende, nell'altra è interrogato con la luce di una lampada dritta negli occhi e nell'ultima, invece, è lui che interroga e accusa. Tre stati d'animo da buono e da cattivo». Ma esiste ancora una divisione tra buoni e cattivi? «Boh, una volta i buoni erano quelli che dormivano bene la notte e i cattivi coloro che vivevano male il giorno. Io vivo bene sia il giorno che la notte. Sono un fuori-categoria!». Nell'album abbiamo notato un Vasco musicalmente parecchio variegato, è così? «Sì. C'è un Vasco di ieri nelle due bonus track L'ape regina, che è un po' alla Branduardi, e Marta piange ancora, canzone che ho scritto quando avevo 15 anni». Si sente più sereno rispetto a un tempo? «Forse sono ancora un po' colpevole, anche se non so esattamente di cosa. Magari di qualche incidente di gioventù che ancora fa male, che ha lasciato qualche cicatrice. Ma la gioventù non è fatta per sbagliare e imparare?». Lei ha scolpito un modo speciale di essere rocker, affrontando nelle canzoni anche argomenti delicati come il sesso. Non ha mai avuto problemi a farlo… «Fin dall'inizio. Una delle mie prime canzoni, Alba chiara, era il racconto di come una ragazzina di tredici anni, nella sua purezza, finisse per masturbarsi. Aver infilato questo racconto in una canzone, negli anni 80, era una vera provocazione». Il rock per Vasco è? «La linguaccia icona dei Rolling Stones che Andy Warhol disegnò per Jagger e soci. Il rock è l'uso dello sberleffo ma anche è anche sesso, ossia la cosa più divertente che si fa senza ridere». Sempre sorprendente la sua sincerità nei confronti del pubblico e davanti alle domande dei giornalisti e delle telecamere di Sky. Non ha mai fatto fatica a parlare anche di droga. «L'eroina non l'ho mai toccata perché sapevamo negli anni 70 che da quella roba non riesci più a liberarti. Le altre sostanze lo ho provate tutte, volevo capire che effetto facevano al mio cervello e alle canzoni che scrivevo. Ma anche per frequentarmi di più, per capire la profondità della mia anima». Una volta ha detto: io sono un animale da palco: sono il numero 1, il numero 2 e il numero 3. La musica italiana è così priva di suoi possibili successori? «Quella era una battuta che potevo anche evitare di fare, mi rendo conto di aver fatto in quell'occasione la parte dell'antipatico. Ma sul palco ci so stare perché ho fatto anni di gavetta, negli anni 80, quando la gente ancora non mi conosceva. Li ho convinti alla fine, ma è stata una vera guerra durata 4-5 anni. Bella soddisfazione averli conquistati uno a uno…». Il tour 2015 come sarà? «Sarà composto da una serie di date (quattordici, ndr) negli stadi a giugno e luglio con una grande novità: un porta a porta, inviteremo la gente a venire i miei show». Se ripensa alla sua vita, cosa vede? «Un uomo spesso in curva, aggrappato al volante, con la sensazione di finire fuori strada, di pensare di non farcela. Ma alla fine sono sempre riuscito a terminarla, quella curva». di Leonardo Iannacci

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