Jovanotti ricorda l'importanza della gavetta: crocifisso sul web
Lorenzo Cherubini vive una leggerezza di pensiero talvolta apprezzabile, rispetto all'elefantiasi testicolare provocata da certe mummie censorie che vogliono dirci cosa possiamo o no pensare. È quel mood leggiadro che gli ha fatto concepire - accanto a versi sentimentali belli e semplici - quell'altro verso banalissimo (per cui non smetteremo mai di grattarci l'orticaria reattiva) sulla famigerata «grande chiesa che va da Che Guevara fino a Madre Teresa». O che gli ha ispirato la recente simpatia per Renzi. Eppure, nel momento in cui ha esternato un pensiero serio e sacrosanto, lo hanno massacrato. Durante un incontro all'Università di Firenze, gli studenti gli hanno chiesto come si fa a lavorare con la cultura. Nemmeno fosse il Mago Otelma, oggi che in Italia non lavorano nemmeno i carpentieri: beata ingenuità dei non ancora laureati. Lui, occhi sgranati e quel sorriso un po' giannimorandiano, avrebbe potuto rispondere: «Ma che ne so? Mica ho la palla di vetro!». Invece ha raccontato che in alcuni festival musicali statunitensi ha visto lavorare molti giovani. Si tratta, ovviamente, di ragazzi che lavorano gratis, per fare esperienza. A quel punto, Lorenzo ha aggiunto che anche lui, da adolescente, passava l'estate a Cortona facendo il cameriere gratis a tutte le sagre, da quella della bistecca a quella della ranocchia. In soldoni, la sua tesi era che cominciare a lavorare gratis nella cultura per lui è ed è stato un modo per acquisire un'iniziale esperienza. Come spesso avviene per tutti coloro che lavorano, non solo nella cultura. Nell'ambiente gastronomico è proverbiale che l'aspirante chef «rubi con gli occhi» dallo chef titolare. E se stai fuori dalla cucina come rubi? Col cannocchiale? Jovanotti ha semplicemente citato il valore della volontaria e iniziale gavetta gratuita. Apriti cielo. Il web lo ha messo al rogo. Su Twitter uno ha riscritto i suoi versi più famosi: «A te che sei l'unica al mondo, l'unica ragione / ti devo mandare affanculo che non ho soldi per sposarti»; «Sono un ragazzo sfortunato / perché m'hanno regalato un sogno / mentre io volevo i soldi». Un altro: «Non c'è niente di peggio di un milionario che dice a dei morti di fame di andare a lavorare gratis». E quando l'avrebbe detto? Ma il colmo l'ha raggiunto Il Manifesto, con un sermone illuminante sulla demonizzazione dietrologica: «Rovesciamo il ragionamento, partendo dall'unica cosa che conta: i soldi». Pure questi comunisti sono fissati coi soldi, pensate se fossero stati un quotidiano capitalista. «Jovanotti chiede a chi vive ad Ancona di pagargli 80 euro e 50 per un posto in tribuna allo stadio del Conero. \[...\] Per essere conseguente con la sua teoria del volontariato, il tour estivo di Jovanotti dovrebbe essere gratis», ha scritto ancora il giornale rosso. Ma perché da uno che non ha mai detto che i giovani dovrebbero lavorare gratis si pretende che lavori gratis? Ma il peggio è nel finale: «Chi lavora nei concerti fa un lavoro. E di questo può anche morire. Com'è accaduto a Francesco Pinna, ragazzo di Trieste, morto sotto l'impalcatura di un palco di Jovanotti nel 2011». Senza nulla togliere alla memoria di un ragazzo purtroppo morto, purtroppo sul lavoro: lo ha ucciso Jovanotti? Forse è proprio questo sindacalizzare il lavoratore ancor prima che diventi tale che conduce i giovani finire inoccupati (cioè mai assunti) o addirittura black bloc che «spakkano tutto» per protestare «kontro il kapitalismo». di Gemma Gaetani