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Mafia e omicidio Pecorelli: i due processi del senatore a vita

Assolto dall'accusa di essere il mandante dell'omicidio del direttore di Op, il leader Dc fu prescritto per associazione mafiosa fino al 1980 e prosciolte dalle accuse successive a quell'anno

Matteo Legnani
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Diversamente da molti suoi compagni di partito della Democrazia cristiana, Giulio Andreotti uscì indenne dalla tempesta di Tangentopoli. Le sue vicende giudiziarie, tuttavia, ebbero inizio proprio l'anno successivo all'avvio delle indagini di Manipulite: nel 1993, dopo le rivelazioni di alcuni pentiti, venne indagato come mandante dell'omicidio Pecorelli dalla Procura di Perugia e quello stesso anno fu accusato di aver favorito la mafia, tramite la mediazione del suo rappresentante in Sicilia, Salvo Lima.  Mafia - Il Senato, dietro sua sollecitazione, concesse l'autorizzazione a procedere e il senatore venne sottoposto a giudizio a Palermo per associazione per delinquere. Mentre la sentenza di primo grado, emessa il 23 ottobre 1999, lo aveva assolto perché il fatto non sussiste, la sentenza di appello, emessa il 2 maggio 2003, distinguendo il giudizio tra i fatti fino al 1980 e quelli successivi, stabilì che Andreotti aveva commesso il "reato di partecipazione all'associazione per delinquere concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980», reato però "estinto per prescrizione". Per i fatti successivi alla primavera del 1980 Andreotti è stato invece assolto. L'obiter dictum (parte di una sentenza che non "fa diritto") della sentenza della Corte di Appello di Palermo del 2 maggio 2003, parla di "...un'autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi fino alla primavera del 1980". Celebre divenne il "giallo" sul bacio che Andreotti avrebbe dato al boss dei boss di Cosa nostra Totò Riina in un incontro avvenuto in Sicilia. A raccontare l'episodio, mai provato, ai giudici fu il pentito Baldassare Di Maggio. Sia l'accusa sia la difesa presentarono ricorso in Cassazione, l'una contro la parte assolutiva, e l'altra per cercare di ottenere la piena assoluzione. Tuttavia la Corte di Cassazione il 15 ottobre 2004 rigettò entrambe le richieste confermando la prescrizione per qualsiasi ipotesi di reato prima del 1980 e l'assoluzione per il resto. Omicidio Pecorelli - Andreotti è stato anche processato per il presunto coinvolgimento nell'omicidio Pecorelli avvenuto il 20 marzo 1979. Secondo la procura di Perugia. Andreotti commissionò l'uccisione del giornalista Mino Pecorelli, direttore del giornale Osservatorio Politico (OP), che aveva pubblicato notizie ostili ad Andreotti, come quella sul mancato incenerimento dei fascicoli SIFAR sotto la sua gestione alla Difesa. Il pentito Tommaso Buscetta testimoniò che Gaetano Badalamenti gli raccontò che "l'omicidio fu commissionato dai cugini Salvo per conto di Giulio Andreotti". In primo grado nel 1999 la corte di assise di Perugia prosciolse Andreotti, il suo braccio destro Claudio Vitalone (ex Ministro del Commercio con l'estero), Gaetano Badalamenti, Giuseppe Calò, il presunto killer Massimo Carminati (uno dei fondatori del gruppo di estrema destra NAR - Nuclei Armati Rivoluzionari) e Michelangelo La Barbera. Successivamente, il 17 novembre 2002 la corte di appello ribaltò la sentenza di primo grado e Badalamenti ed Andreotti furono entrambi condannati a 24 anni di carcere come mandanti dell'omicidio Pecorelli. Il 30 ottobre 2003 la sentenza d'appello venne quindi annullata senza rinvio dalla Corte di Cassazione, annullamento che rese definitiva la sentenza di assoluzione di primo grado.  

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