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L'intervista in dialetto del giudice Esposito ricorda Felice Caccamo

Aldo Grasso, penna del Corriere accosta la toga anti-Cav al giornalista napoletano un po' cialtrone creato da Teocoli

Lucia Esposito
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  Antonio Esposito che parla al telefono, il presidente della sezione feriale della Cassazione rilascia un'intervista al giornalista de Il Mattino. L'audio diffuso dal quotidiano partenopeo continua a far discutere e non solo per le conseguenze giudiziarie, per i risvolti che avrà sulla carriera della toga che ha condannato il Cavaliere ma anche per come il giudice parlava al telefono. Un incomprensibile dialetto napoletano, troppo stretto anche per chi normalmente mastica la lingua di Totò e Massimo Troisi.  Il paragone Oggi, sul Corriere della Sera, lo paragona a Felice Caccamo. E immagina che il guardasigilli Annamaria Cancellieri nomini lo stesso Caccamo suo consulente per interpretare quella famosa telefonata: “Vabbuò chillo poteva nun poteva nun sapere”. Il paragone con Caccamo che parla con la sua cravatta dal nodo esagerato e gli occhiali dalle lenti spesse mentre sullo sfondo c'è il vesuvio è stato immediato, “Il tormentono su Caccamo – scrive Aldo Grasso – è partito da un articolo su Panorama e ha fatto in fretta a diffondersi, come succede a quelle battute che diventano subito una spia di consenso”. Certo, sottolinea il Corriere, la differenza “tra un esimio presidente della Corte di Cassazione è un giornalista un po' cialtrone è abissale”. Ma sono bastati una telefonata in dialetto: “Tiziu, Caiu e Semproniu an dit che te l'hanno riferito. Allora è nu poc divers”, un momento di eccessiva confidenza, uno stato di rilassamento familiare per avvicinarli in maniera incredibile”.     

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