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Il guru del Pd assume solo precari e zittisce i sindacati: "Sono più di sinistra di voi"

Oscar Farinetti

Nel negozio Eataly a Bari, su 173 dipendenti 160 sono interinali. La legge Biagi ne permette solo 14

Eliana Giusto
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Oscar Farinetti, che di nome in realtà fa Natale, grande amico di Matteo Renzi e guru indiscusso della sinistra italiana inciampa sui precari. Nel negozio Eataly aperto da poco a Bari, ha assunto ben 160 interinali con il contratto a termine sui 173 dipendenti totali. E questo nonostante la legge Biagi stabilisca che nelle imprese con più di 50 dipendenti i precari non possano superare l'8 per cento della forza lavoro impiegata. Dunque, nel nostro caso, avrebbero potuto essere al massimo 14. Da tempo le norme della Biagi vengono interpretate con grande elasticità. E perfino i sindacati sono pronti a chiudere un occhio qualora non vengano rispettate le quote di dipendenti a termine sul totale degli assunti. Proprio perché, alla fine, si tratta di persone che entrano nel mercato del lavoro. Un conto però è sforare le soglie di legge. Un altro invertire le proporzioni. Come è accaduto nello store Eataly aperto alla Fiera del Levante. E infatti ai sindacati di categoria l'anomalia non è sfuggita.  «Secondo la legge Biagi», spiegava pochi giorni fa Cesare Boccuzzi, segretario generale della Fisascat, «Eataly avrebbe dovuto comunicare alle segreterie territoriali il  numero degli interinali assunti, in modo tale da consentire ai sindacati di controllare le assunzioni. In maniera unilaterale sono stati assunti 160 interinali violando la normativa sui quantitativi che, considerata la portata del personale da assumere ammonta ad un 8 per cento e non 160». Secca la risposta di Farinetti, affidata a La Repubblica: «Perché vogliono creare problemi a tutti i costi? Non sanno che la licenza di Eataly è valida solo per sei mesi?  Appena si regolarizzerà la situazione saranno tutti assunti direttamente, a tempo indeterminato e a tempo determinato; questi ultimi, se dimostreranno di saper lavorare bene, passeranno poi a tempo indeterminato». Già, perché i 160 precari sono stati “somministrati” al negozio Eataly di Bari da un'agenzia per il lavoro. E per molti di loro - è lo stesso Farinetti a dirlo - la prospettiva è di passare dal contratto di somministrazione a quello a tempo determinato. Col rischio di peggiorare la propria situazione: da “somministrati” hanno sempre la speranza di essere mandati dall'agenzia in un altra azienda, ove si concludesse il rapporto con la catena di Farinetti. Col contratto a termine diretto la prospettiva sarebbe quella di rimanere a piedi, qualora si interrompesse. Senza considerare l'indubbio valore simbolico dell'intera vicenda: a casa del guru della sinistra, per di più a Bari, in Puglia, terra del governatore Nichi Vendola, altro profeta del politically correct, va in scena una rappresentazione come se ne vedono tantissime nelle imprese italiane. Solo che questa volta i “progressisti” non sono schierati a difesa dei precari “sfruttati”. Sono i loro datori di lavoro. Né bisogna dimenticare che i contratti a termine e pure quelli in somministrazione, sono uno dei feticci conto i quali la sinistra conduce da anni una guerra santa al grido di: «Tutti assunti a tempo indeterminato». Perfino la riforma-non-riforma del lavoro targata Elsa Fornero puntava proprio a sfoltire i contratti atipici introdotti dalla Biagi nel 2003. «Non capisco proprio i sindacati, ma voglio guardarli negli occhi quando li incontrerò a Torino, il 25 o 26 agosto, oppure l'1 o 2 settembre», tuona Farinetti in propria difesa, «non posso accettare da loro l'accusa di aver messo in piedi un santuario dell'illegalità». Aggiungendo: «Come si fa a lavorare in Italia in queste condizioni? Sono più di sinistra di loro perché ho davvero a cuore la sorte di questi ragazzi, di questi lavoratori che voglio assumere direttamente, ma potrò farlo solo se mi confermeranno la licenza». Un'argomentazione anche condivisibile che però non ha evitato a migliaia di imprenditori italiani di finire in tribunale proprio per aver utilizzato maldestramente i contratti a termine. Ora si tratta di capire se le regole valgono davvero per tutti. Oppure se, per il solo fatto di professarsi di sinistra, si possa invocare un salvacondotto capace di depotenziare se non  annullare del tutto le norme sul lavoro. di Attilio Barbieri

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