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Il grande del giornalismo italiano (insospettabile) che si è fatto seppellire in camicia nera

Giulio Bucchi
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Un'ultima, clamorosa provocazione liberale. L'ex direttore di Resto del Carlino e Tempo Franco Cangini, scomparso l'8 ottobre scorso a 83 anni, ha chiesto al figlio Andrea, attuale direttore del Quotidiano nazionale, di farsi seppellire con la camicia nera. Cangini non era fascista né un nostalgico del Duce Benito Mussolini, ma le sue ultime volontà simboleggiano quello che ha rappresentato per lui l'8 settembre 1943, il giorno dell'armistizio del generale Badoglio con gli alleati e la fine dell'asse con Hitler e la Germania nazista: la morte della Patria, l'Italia tradita. "Indossare la camicia nera vuol dire indossare il lutto per la patria perduta", come ha spiegato anche Marcello Veneziani sul suo blog. Da vero galantuomo liberale, a ferire Cangini per 70 anni è stato un Paese non in grado di fare i conti con il proprio passato, con l'etica pubblica, l'onestà intellettuale e materiale. "Aveva fede in una cosa che non esisteva né mai potrà esistere", ha scritto il figlio Andrea su Qn, cioè l'Italia. E proprio "il fatto di aver aderito a un mondo inesistente o dissolto gli ha consentito quel distacco critico che ha fatto di lui un uomo giusto e un buon giornalista".

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