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Vittorio Feltri risponde ad Alessandro Sallusti: "Carcere, l'obbligo morale che non può trascurare"

Davide Locano
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Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, risponde polemicamente al mio pezzo sull'ergastolo cosiddetto ostativo che prevede non solo la morte in carcere del detenuto, ma anche un trattamento disumano del medesimo. E questo modello carcerario è motivato dal fatto che se il prigioniero non si pente e non fa i nomi dei vecchi complici non merita pietà. La cosa ha un senso pratico. Infatti se la giustizia non è in grado di sconfiggere la mafia, per incapacità, ricatta i delinquenti così: o mi date una mano a distruggere i vostri compari o noi vi trattiamo a pesci in faccia, galera dura, isolamento, luce accesa persino di notte, manca solo qualche calcio nel culo a completamento delle torture ordinarie. Leggi anche: Lilli Gruber, insulti in radio contro Vittorio Feltri Forse Sallusti un po' giustizialista è rimasto, e trascura che la responsabilità penale è personale. Il che significa che se io, criminale comune o mafioso, commetto un reato, ne rispondo e quindi pago come altri cittadini non rispettosi dei codici. Non è scritto da nessuna parte della Costituzione che per essere un carcerato quale tutti gli altri io debba trasformarmi in delatore. Uccido un uomo o dieci? Eccomi qua, condannatemi come un qualsiasi delinquente, però non aggiungetemi un supplemento di pena perché ho risparmiato il coinvolgimento di un mio picciotto. Il diritto è ragionamento, non vendetta o convenienza. E va rispettato secondo le regole ispirate da Beccaria. La tortura non è ammessa in un consorzio civile. Chi compie un errore, più o meno grave, merita una sanzione congrua, e deve essere considerato alla stregua di chiunque abbia fallito. È sbagliato accanirsi su quelli della 'Ndrangheta perché non parlano. Infierire sui muti trascurando le loro colpe, e nella speranza che vuotino il sacco, è illegale e direi bestiale. Lo Stato che infligge ai malviventi pene accessorie finalizzate a farli cantare dimostra la propria debolezza e riconosce che le cosche sono imbattibili poiché più organizzate. Ed è destinato a perdere sempre. L'odio è un cattivo consigliere. P.s. Segnalo infine a Sallusti che incentivare le delazioni provoca fatalmente un fenomeno da non sottovalutare: i carcerati mafiosi pur di sfuggire ai rigori dell'ergastolo si predispongono a denunciare complici che tali non sono cosicché persone innocenti finiscono dietro le sbarre, alcune delle quali scontano anni di detenzione prima che si scopra la loro non colpevolezza. Questo non è un dettaglio che il direttore del Giornale possa trascurare allegramente. Il garantismo non è un vezzo, ma un obbligo morale. di Vittorio Feltri

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