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Bruno Vespa a Libero: "Le crisi sono una buccia di banana, Pd e M5s devono stare attenti anche alle sardine"

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Caterina Spinelli
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La fortuna nel giornalismo non esiste. Chi sostiene che ci sia, la confonde con il fiuto, che è invece la capacità di annusare gli umori delle persone e analizzare i piccoli segnali delle cronache per arrivare a una sintesi che ti permette di essere nel posto giusto al momento giusto. Così Bruno Vespa, dopo la caduta di Salvini e ai primi passi del governo più a sinistra della storia della Repubblica, esce con un libro dal titolo "Perché l' Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare)". Ed ecco che, d' incanto, l' esecutivo giallorosso che doveva portarci a fine legislatura sembra prossimo al collasso e in piazza spunta una generazione di giovani sardine che non ha mai visto un fascista neppure per sbaglio ma è convinta di aver fatto la Resistenza e raduna migliaia di persone contro l' uomo nero della Lega, inneggiando alle battaglie di libertà degli antichi avi. Questi ragazzi hanno ragione o puntano solo alla cassa dell' Anpi, l' Associazione Partigiani finanziata da contributi pubblici che ha avuto più iscritti in tempi di pace che nel 1945? Il libro di Vespa sembra scritto per dare una risposta alla domanda. Perché l' Italia è diventata fascista dunque? «Perché dopo la conclusione della Prima Guerra Mondiale ci sono stati tre anni di guerra civile in Italia, dove milioni di reduci venivano trattati male e insultati in strada se portavano la divisa». Dall' altra parte chi c' era? «Le leghe rosse, eccitate dalla vittoria di Lenin in Russia, controllavano una fetta rilevante dell' economia del Paese e puntavano a portare i soviet in Italia, anche attraverso la violenza. La conseguenza fu la reazione degli agrari, che finanziarono gli squadristi contro i comunisti». La classica violenza che genera violenza? «Ci fu il caos e questo portò a Mussolini, che si presentava come il garante dell' ordine, il consenso dei borghesi, fino ad arrivare al risultato grottesco che nel 1922 la crema del pensiero liberale, da Giolitti a Salvemini a Nitti, auspicava un periodo di governo fascista per fermare il caos». E perché ritiene che la storia non si possa ripetere? «Non vedo questa violenza in giro. Anzi, l' Italia è un miracolo di democrazia: non cresciamo da vent' anni, il divario tra Nord e Sud è al massimo storico, eppure le istituzioni tengono e non si registrano episodi di violenza politica. E poi non esistono più le premesse socio-culturali: la gente si è abituata alla libertà e non è disposta a rinunciarci, gli anticorpi sono solidi». Perché allora la sinistra continua a tenere alta la tensione e a sostenere che questi anni Venti possono essere come quelli del secolo scorso? «L' equazione tra sovranismo e fascismo è una finzione. Io sono fortemente legato all' identità del mio Paese, ma sono profondamente democratico. Il sovranismo va bene se significa affermare i diritti dell' Italia, non se porta all' isolamento in Europa perché da soli non si va da nessuna parte. L' autarchia è perdente. Mussolini fu costretto ad allearsi ad Hitler quando fallì la sua politica autarchica e l' Italia si trovò isolata». Quest' Europa però non le sembra un bluff? «È in profonda crisi, il grande disegno dei padri fondatori è sfumato e ora non si sa che strada prenderà l' Unione. Sono tra quelli che rimpiangono l' Europa dei sei». Consiglierebbe a Salvini di entrare nel Partito Popolare Europeo? «Per me è un mistero della fede che la Lega, che è nata antifascista, e l' ex comunista padano Salvini siano alleati della Le Pen mentre la Meloni, che ha origini missine, sia già nei conservatori europei. I primi segnali di un ingresso di Salvini nel Ppe sono stati negativi, ma questo avvenne anche con Berlusconi. È il caso di tentare nuovi approcci». La ritrovata unità del centrodestra, di cui ha parlato anche Berlusconi nella recente intervista a Libero, è solo una manovra elettorale? «No, io credo sia un progetto politico. Forza Italia, pur sofferente, offre all' alleanza una patina moderata che tranquillizza l' elettorato che non si riconosce in Salvini». Quindi lei è convinto che Salvini abbia davvero rinunciato alla vocazione maggioritaria della Lega, sola contro tutti? «Sarebbe grave pensare all' autosufficienza. Quando torneremo al voto, la battaglia elettorale sarà all' ultimo voto, non è il caso di buttar via nulla». È cambiato il leader della Lega in questi tre mesi? «Tanto. La botta l' ha sentita, è diventato più moderato, si sta preparando al secondo tempo». Ha fatto bene a far cadere il governo? «Lui voleva andare al voto, perché lo voleva anche il Pd di Zingaretti, prima che Renzi con un colpo di genio facesse saltare il loro progetto. Al momento gli è andata male, ma a distanza di tre mesi si può dire che ha fatto bene: i consensi lo premiano e in più si è smarcato da una manovra economica pesante». Perché è cresciuto così tanto? «Per le sue posizioni sull' immigrazione, per quota 100 e per quell' inizio di riduzione delle tasse sulle partite Iva che ha dato anche a chi non ne ha beneficiato la speranza che in qualche modo si stesse per imboccare la via di un taglio fiscale». Se la Lega ha raddoppiato i voti grazie alla sua politica sull' immigrazione, perché il Pd insiste in modo masochista sullo ius soli? «Per marcare la propria identità a futura memoria, sapendo che non c' è la maggioranza su questo e che quindi per ora non si fa. È un investimento sull' elettorato di sinistra, per dire che il marchio originale dello schieramento ce l' ha il Pd, malgrado lo ius soli sia una bandiera di Renzi, che arrivò a rimproverare Gentiloni di non aver avuto il coraggio di farlo». Salvini deve preoccuparsi delle sardine in piazza contro di lui? «Non troppo. Chi va in piazza contro Salvini in un certo modo contribuisce a rilanciarne il brand. In genere si manifesta contro un regime, farlo contro l' opposizione rischia di produrre l' effetto opposto». Come giudica le sardine? «Per il giudizio aspetterei la seconda mossa. È bello vedere tante persone ordinate in piazza e ci sta un po' di orgoglio di sinistra emiliano, a rivendicare settant' anni di amministrazione, ma non sopravvaluterei il fenomeno in termini di capacità di portare nuovi voti alla sinistra». Parlando di Emilia, cosa ne pensa del voto dei militanti grillini che ha sconfessato i vertici? «Una lezione di democrazia della base alla dirigenza. Sarebbe stato davvero strano che il partito più votato non corresse in Emilia-Romagna e Calabria. Gli elettori grillini, comprensibilmente, non hanno accettato questa rinuncia». Conseguenza: Di Maio è finito? «È indebolito, ma venderà cara la pelle. Le voci di un suo accordo con Di Battista per cedergli la leadership mi sembrano premature». E quelle di un ritorno di Luigino da Salvini? «Fantapolitica. Al leader leghista peraltro non converrebbe». Perché i Cinquestelle stanno fallendo? «È un Movimento d' opposizione. Governare è più faticoso e complicato, devi calare l' ideologia nella realtà e questo crea scompensi verso la militanza, alla quale Grillo e Casaleggio avevano fatto credere che l' impossibile fosse possibile. La presa di coscienza ha fatto perdere voti e frammentato il Movimento». Il governo è al crepuscolo? «Zingaretti non lo voleva e ha accettato di governare con M5S solo in prospettiva di un' alleanza di ampia durata, anche sui territori, e con programmi che confluissero. Questo non sta accadendo e forse il segreatario del Pd oggi si è pentito di aver ceduto». Si parla di voto il 27 marzo. «Non è serio fare previsioni. Che il governo poi cada prima delle nomine di aprile non mi pare razionale pensarlo». Però se cadesse ora non ci sarebbe il taglio dei parlamentari «È vero che si stanno cercando meccanismi per evitarlo, come è vero che, più che a decidere le poltrone di aprile, i parlamentari ci tengono a conservare la propria». Su cosa può cadere il governo: Ilva, giustizia, salva-Stati? «Dall' Unità d' Italia, le crisi di governo sono sempre state determinate da cose a cui nessuno aveva mai pensato. La crisi è una buccia di banana, arriva all' improvviso, come una banale influenza che uccide un anziano». E questa volta il Quirinale non salverà nessuno? «Il Quirinale ha guardato con simpatia alla nascita del governo giallorosso. Oggi non credo sia tanto contento dei suoi risultati». Se si va a votare Renzi è nei guai? «Lui ha fatto nascere il governo giallorosso perché Salvini l' ha spiazzato e non era pronto al voto. Poi ha dovuto accelerare sulla nascita del suo partito, per non ritrovarsi nuovamente sorpreso». Perché Italia Viva non decolla nei consensi? «Dice cose moderate ma sta con i grillini, quindi la gente capisce poco, non sa se fiancheggia il Pd o è l' erede di Berlusconi. Gli italiani avevano fatto un grande investimento su di lui, poi si sono disamorati. Recuperare la popolarità è un processo lento, che Matteo ha appena iniziato». Non sono un po' troppi a puntare ai moderati? «Rispetto ai potenziali elettori, mi viene il dubbio che sia così». Per esempio Calenda, perché non va con Renzi e fonda l' ennesimo partito? «Calenda è un uomo di prim' ordine ma con Renzi ha un rapporto di amore e odio. Sono due caratteri forti, difficile metterli insieme». Ma da solo dove va? «Non lo so. È impossibile fare previsioni in un Paese che in un anno ha portato al 17% chi aveva preso il 32 e al 34% chi aveva preso il 17». di Pietro Senaldi

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