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E l'ultima gaffe di Toscani gli costò il posto

Benetton, Santori/Sardina, Toscani

Francesco Specchia
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Alla fine, l'han signorilmente trombato. Il gruppo Benetton ha rescisso il contratto del suo direttore creativo Oliviero Toscani, reo di aver pronunciato a Radio Rai la frase: “ma a chi interessa che caschi un ponte?”, in riferimento al crollo del Morandi e alle sue 43 vittime. Oliviero, balbettando scuse, ora si schernisce: “la frase è estrapolata dal contesto”. Ma il contesto è chiarissimo. Bisognerebbe spiegare a Toscani, classe '42, che non può sempre comportarsi come se fosse l'alieno sgarbato del bar di Guerre Stellari, sempre pronto sempre a ruttare in faccia al primo avventore che gli passa sotto il naso. Per poi rivendicare la sua imprevedibilità d'artista che, siccome è artista, in fondo in fondo è autorizzato a dire quel cavolo che gli passa per la testa. Prima o poi qualcuno s'incavola. Infatti, i Benetton, già abbastanza alterati per la foto di gruppo con Sardine postelettorali, si sono trovati alla vigilia di una possibile revoca del governo delle concessioni autostradali per il Gruppo Atlantia a loro riconducibile (un possibile danno miliardario che porterebbe la società sull'orlo del fallimento), con la suddetta dichiarazione che rischia di accelerare la revoca stessa. Per non dire della loro cattiva fama di “mandanti del disastro” amplificata dalla battuta di Toscani. Al che si sono giustamente incavolati. E, in una nota, hanno liquidato la faccenda: “Benetton Group, con il suo Presidente Luciano Benetton, nel dissociarsi nel modo più assoluto dalle affermazioni di Oliviero Toscani a proposito del crollo del Ponte Morandi prende atto dell'impossibilità di continuare il rapporto di collaborazione con il direttore creativo”. Punto. Toscani ora è in fase lavacro penitenziale, si dice “distrutto umanamente” e ribadisce “mi vergogno anche di scusarmi”. E non c'è motivo per non ritenerlo sinceramente pentito. Ma il suo problema non è la resipiscenza (quella ce l'ha sempre, dopo), è la recidività. Già nel 2000 le cronache ufficiose ricordano il primo allontanamento del fotografo dalla Fabrica dei Benetton per una campagna americana contro la pena di morte con rappresentati killer veri, che costò ai Benetton un'azione legale dello Stato del Missouri e la rottura del contratto con la catena di Grandi magazzini Sears. Oliviero era appena stato riaccolto, nel 2018, in casa Fabrica come il figliol prodigo, e ora c'è ricascato. Gli capita spesso, ad onor del vero, l'ha fatto anche quand'era con i Radicali, ma lì, almeno, la provocazione in stile Pannella era funzionale alla politica. Da quando si è ufficialmente iscritto nel Pd, curiosamente, è peggiorato. Toscani, quando ritiene che il suo pensiero sia maturo per essere lasciato ai posteri, si butta a peso morto sull'offesa gratuita. Sul femminicidio si espresse con un: “Le donne devono essere più sobrie, dare importanza all'essere più che al sembrare, solo così si possono evitare altri casi di femminicidio” (l'avessero detta Salvini o Amedeus sarebbero appesi a testa ingiù a piazzale Loreto). Da ateo irrispettoso dei cattolici definì la Chiesa un “club sadomaso all'avanguardia” inveendo sul crocefisso e affermando che “già uno che vuol diventare prete ha dei problemi”. Diede ai veneti degli “ubriaconi atavici “ (io sono di Verona) e li insultò per aver chiesto il referendum sull'autonomia. Definì Giorgia Meloni - così, senza un perché o solo perché era un tantino fascista- “brutta, volgare, ritardata”. Di Salvini, il suo bersaglio preferito, la cosa più carina che ha espettorato è che “quando parla gli puzza il fiato” (poi Salvini l'ha querelato vincendo la causa). Certo, poi Oliviero Toscani è un'artista, e nessuno lo mette in discussione. Ha esposto alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano, ha vinto premi in tutto il mondo, compreso il Leone d'Oro per la pubblicità, ha imposto in Italia un genere, lo shockvertising, la campagna pubblicitaria shock. Il prete che bacia la suora, la modella anoressica, i due uomini omosessuali: sono tutti esprit che negli anni 90 lo portarono, legittimamente, agli onori delle cronache; e molti di noi liberali gli sono grati per le sue campagne civili. Ma esistono dei limiti banalissimi di buona educazione, di buonsenso e di rispetto degli altri. Se continui a superarli ripetutamente senza un motivo e a costo di perdere il lavoro, o sei un genio situazionista, o sei un coglione. Lasciamo ai lettori il rovello del dubbio…  di Francesco Specchia

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