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Loredana Bertè si confessa: "Io, Borg cocainomane e le violenze di papà"

L'artista racconta la sua vita tormentata. E ammette: "Sto bene solo quando canto sul palco". Sulla morte della sorella: "L'ho scoperto in diretta tv"

Nicoletta Orlandi Posti
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Il papà violento, la suocera razzista, il marito cocainomane, la morte della sorella. Ma anche gli incontri incredibili con Andy Warhol, Bin Laden, il presidente Bush e Fabrizio De Andrè. Loredana Bertè, a sessantadue anni compiuti, ancora non ha fatto pace con la vita e solo sul palco riesce atrovare quella serenità che le manca nel quotidiano. Intervistata da Malcom Pagani per il Fatto quotidiano l'artista parte dall'infanzia quando la domenica andava a casa Bertè l'amico di famiglia Pietro Nenni a prendere il caffè. Quelli erano gli unici momenti in cui si respirava un po' di normalità. Mio padre, racconta Loredana, "era violento. Voleva un figlio maschio e detestava le bambine. Ha fatto cose orribili che non ho dimenticato. Ha preso a calci mia madre e le ha somministrato strane cose". La telefonata - Poi parla di Mia Martini, la sorella maggiore, tragicamente scomparsa una notte di maggio di 19 anni fa. Un dolore che non passa, anzi aumenta giorno dopo giorno. Loredana non si perdona di non averle risposto al telefono: "Prima di morire mia sorella Mimì mi chiamò a lungo. Ma quel giorno c'era un'aria strana, ero svogliata. Svuotata. Avrei dovuto suonare e invece mi nascosi in casa. Convinta che mi cercassero gli organizzatori furibondi, al telefono non risposi. Suonò fino alle 6 di mattina. Non me lo perdonerò mai", dice a Pagani. E continua: "L'hanno ammazzata. E certo che ce l'ho con quell'assenteista del cavolo che sta lassù. Ma poi c'è davvero?". La Bertè parla di Dio: "Dov'era quel cazzo di venerdì? Aveva da fare? Era troppo impegnato? Da quel giorno ho litigato con la vita e non ci ho ancora fatto pace. Mimì la sento sempre con me e non è vero che il tempo cancelli il dolore, anzi lo aumenta. È come se fosse successo ieri. Mi chiusi in casa. Tre anni a guardare un soffitto. Ne uscii grazie a De André" che conobbe grazie a Dori Ghezzi. Loredana ricorda tutto di quel 12 maggio del '95: "Sto guardando la tv, vedo Mara Venier che piange. Cambio canale. Una foto di Mimì. Poi squilla il telefono. È Renatino (Renato Zero). Mi dice: 'Spegni tutto, sto arrivando'. Credo fosse teletrasportato, fu lì in cinque minuti. E Mimì se ne era andata per sempre. In quella casa schifosa che gli aveva trovato suo padre, con gli scatoloni nell'angolo e il materasso per terra. Che peccato. Che dolore". Nella Factory - Poi l'intervista si sposta sui mille viaggi e le mille avventure in giro per il mondo fatti da Loredana. In particolare quello a New York con Ivano Fossati per un disco da registrare. "Nel 1981 ero la madrina di Fiorucci e grazie a Leonardo Pastore, un mio fratello acquisito poi morto di Aids, conobbi Warhol. L'avevo puntato. Lo volevo acchiappà.Anche se Ivano Fossati, che mi accompagnava, ogni tanto mi scuoteva: 'Te lo ricordi perché sei qui? Il disco', non avevo praticamente niente da fà. Warhol lo conobbi in un posto in cui si affacciava tutti i giorni. Mi domandò se cantassi e Leonardo, rapido: 'Vedessi come cucina'. Warhol impazzì: 'Potresti farlo per me?. In breve", racconta la Bertè, "seduta sui bidoni Campbell's, mi ritrovai alla Factory tutti i pomeriggi. Da ospite a cuoca il passo fu breve? Andai da Bloomingdale's, comprai uno scolapasta e lo portai da Andy. Non l'avevano mai visto. Lo fotografarono stupiti. Lui organizzava cene di lavoro e mi chiedeva di mettermi ai fornelli. Mi chiamava 'Pasta Queen'. Io mi feci ‘ripagare' con un suo video e con la copertina del disco". Altro episodio ricordato dall'artista nell'intervista è quello della cena alla Casa Bianca seduta a fianco a Bin Laden. Tra una portata e l'altra Loredana chiese al presidente Bush senior a cosa servisse la Cia. "Lui mi rispose: 'Non serve a niente. È l'unica organizzazione del mondo che non deve rendere conto a nessuno'. Se guardi all'11 settembre capisci anche il perché". E' ancora la signora Borg -  Infine la Bertè racconta il suo matrimonio con il tennista Bijorn Borg. "Sua moglie, Marianna Simiunescu, me lo gettò tra le braccia". Poi spiega: Tra loro niente sesso. Per Bjorn, Mariana era una specie di sorella. Lei mi fa: 'Guarda che stasera dopo la partita è libero, te lo porti dove vuoi'. Con gli amici andammo a vedere la sua sfida con McEnroe, sei ore. Warhol scappò al primo set. Io rimasi. L'incendio definitivo scoppiò durante un Festivalbar a Ibiza. Bjorn mi telefonò: “Devo vederti”. E lei? 'Te dice proprio male bello, mi hai trovato per puro culo, sto partendo'. Lui: 'Vengo anch'io'. Io: 'No, tu no'. Alla fine cedetti perché l'idea che qualcuno potesse dominarmi e farmi fare quel che voleva iniziava a non dispiacermi. Cosa avevo da perdere? Ci sposammo. Lasciai l'Italia per sei anni, fu l'inferno. Lui non sopportava le sue tournée. Non mi lasciava un secondo. A ogni piazza, gli davano le chiavi ufficiali della città: 'Abbiamo l'onore di avere con noi Bjorn Borg'. A un certo punto lo affrontai: 'Ma è il tour mio o il tuo?'. Lui la mise giù dura: 'Torniamo a Stoccolma' e mi fece stracciare un contratto milionario. I manager erano imbufaliti: 'Sei pazza' e minacciavano querele. Ancora me lo ricordo Bjorn che si affaccia dalla scaletta dell'aereo e urla: 'Fatemi causa'. Poi la fecero a me. Il circo suonò la grancassa della mia inaffidabilità, mi sporcarono la reputazione, mi massacrarono".  La madre del campione - Formalmente Loredana Bertè è ancora la signora Borg: "l'ho scoperto per caso e l'ho anche denunciato. È acqua passata, non ne voglio più parlare. Né di lui né delle sue coppettine", dice al Fatto raccontando però l'episodio con il quale ruppe definitivamente con il tennista. "Bjorn era già molto preso dai vari bordelli che frequentava, non lo vedevo da 48 ore e tin-tin-tin gli ho buttato dalla finestra un divano, i piatti d'argento e tutte le coppettine dei suoi tornei. Dalla finestra della cucina vedevo Bambi, ma quel giorno si erano spaventati anche i cerbiatti. Era turbata anche la madre di Bjorn, le avevo scompagnato l'ar – genteria. Io ero molto incazzata e le parlai a brutto muso: 'Se suo figlio non è qui entro 30 secondi me ne vado e chiedo il divorzio. Rientrò strafatto. Bjorn era un aspirapolvere. Lo presi a botte, gli fracassai un paio di racchettine sulla schiena e quando la madre intervenne, gli diedi il resto: 'Io mi sono sposata con te perché dovevi essere il padre dei miei figli, o te dai da fà oppure nun me vedi più'. Lui balbettava confuso, la stronza disse che avevo capito male e che non ci sarebbero stati figli se non di puro sangue svedese. 'Avrei gradito l'informazione in anticipo'. Poi buttai un altro paio di medaglie dal balcone e me ne andai". 

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