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Aldo Cazzullo e le interviste sull'Aldilà: "Vi dico io chi deve andare all'inferno"

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Alessia Ardesi
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Una serie di interviste sull'Aldilà non poteva prescindere dall'autore di A riveder le stelle, il libro sull'Inferno di Dante arrivato a 250 mila copie.

Aldo Cazzullo, l'Aldilà è davvero come lo immaginava il poeta?
«Di sicuro per secoli gli uomini, e non solo gli italiani, hanno pensato l'oltretomba come l'aveva raccontato Dante: i dannati tra le fiamme; il Purgatorio come una montagna da scalare; e poi il volo verso i cieli del Paradiso. Anche se la sua costruzione è molto più complessa».

Ad esempio?
«In fondo all'Inferno non c'è il fuoco. Il fuoco dell'amore divino è in Paradiso. In fondo all'Inferno c'è il ghiaccio, simbolo dell'odio e della disperazione. E Dante mette tra i dannati quattro Papi del suo tempo».

Perché?
«Perché per lui il Papa non doveva essere un sovrano assoluto, ma un'autorità spirituale. Altri due sono in Purgatorio. Uno, Martino IV, tra i golosi: era ghiotto di anguille e vernaccia».

Lei ha intervistato i protagonisti degli ultimi trent' anni. Dove finiranno?
«Chi le interessa?».

Bill Gates.
«Purgatorio. Incontrarlo è stato un po' una delusione. Mi aspettavo il Leonardo da Vinci del nostro tempo; ho trovato un business man. Per un'ora ha parlato solo di soldi e affari. Poi mi ha illuminato con tre profezie secche. Tutte avveratesi, a cominciare dal dominio della Rete».

Keith Richards?
«Vorrà sicuramente andare all'Inferno. L'artista maledetto, il chitarrista dei Rolling Stones mi accolse in una suite da sceicco in un albergo del XVI arrondissement, il più chic di Parigi. Come per farsi perdonare la location milionaria, era vestito da satanista, pieno di gioielli con i teschi».

Rafael Nadal?
«Paradiso. È uno dei miei idoli; e di solito evito di intervistare i miei idoli, per il timore di esserne deluso. Ad esempio ho sempre evitato Paolo Villaggio, di cui mi dicevano che fosse cattivissimo. Nadal però non mi ha deluso. E a differenza di molti campioni paga le tasse nel suo Paese».

Vasco Rossi le ha raccontato gli arresti per droga.
«E i due figli avuti negli stessi giorni da due donne diverse. Il che significa che è un uomo sincero e coraggioso. Certo, un po' di Purgatorio vorrà sperimentarlo».

Gianna Nannini invece le ha detto di essere pansessuale.
«Ma l'eroina della sua infanzia era santa Caterina, nata come lei a Siena, nella contrada dell'Oca».

Steven Spielberg?
«È un po' il Dante del nostro tempo. In Schindler' s List ha raccontato il male che è in noi. Come tutti i veri grandi, è una persona cortese, disponibile. A essere maleducati e scostanti sono quelli che valgono poco».

Daniel Day Lewis?
«Qualche anno di Purgatorio, per aver lasciato una splendida donna come Isabelle Adjani con un fax, non glielo leva nessuno. Anche se ha negato di averlo fatto».

Gérard Depardieu?
«Purgatorio pure lui. Non saprei se tra i lussuriosi o tra i golosi, con papa Martino IV. Comunque è un uomo simpaticissimo».

Marine Le Pen?
«Dissento dalle sue idee, ma è una signora. La intervistai alla vigilia del ballottaggio delle presidenziali 2017. Dell'ex premier di destra Fillon e dei suoi, che sostenevano Macron anziché lei, disse che erano delle merde. Il mattino dopo accadde il pandemonio. Dal suo partito mi tempestarono di chiamate perché smentissi. Lei si limitò a sottolineare che si riferiva all'entourage di Fillon, non agli elettori».

Veniamo ai politici italiani. Dov' è finito Andreotti?
«I politici li giudicano gli elettori da vivi, e Dio da morti. D'istinto tendo a pensarli in Purgatorio, come quasi tutti noi. Andreotti era un grande semplificatore; e il confine tra semplificare e banalizzare è labile. Certo, in confronto a quelli di adesso è un gigante».

Cossiga?
«Uomo di intelligenza superiore. Tormentato da due grandi dolori. La morte di Moro: prima di andarsene, mi disse che a un certo punto del sequestro lo considerarono perduto. E la separazione dalla moglie Giuseppa».
Prima di morire, Edgardo Sogno le rivelò in un libro-intervista che voleva fare davvero un colpo di Stato.
«Non fu una confessione, ma una rivendicazione. Eroe della Resistenza, voleva battersi contro i comunisti come aveva fatto contro i nazisti. Detestava passare per vittima. Ci teneva si sapesse che avrebbe volentieri relegato i capi del Pci su qualche promontorio sardo, per istituire una Repubblica presidenziale sul modello gollista. Velleità, ovviamente. Ma l'idea era quella».

Come riesce a farsi dire tutte queste cose?
«A volte per sfinimento. Paolo Sorrentino non aveva mai raccontato la vera storia della morte dei suoi genitori: asfissiati da una fuga di gas nella casa di montagna. Avrebbe dovuto esserci anche lui, ancora ragazzino; ma per la prima volta aveva ottenuto di seguire il Napoli in trasferta, a Empoli. Per questo dice che Maradona gli ha salvato la vita».

Come se lo immagina l'Aldilà?
«Fatico a pensare che ci sia qualcosa. È una domanda che faccio anch' io a tutti i miei intervistati. Molti ci credono».

E cosa le hanno risposto? Rita Levi Montalcini, ad esempio?
«Lei non ci credeva. Diceva che di noi sopravvivono le buone azioni e i buoni pensieri. Quindi Rita Levi Montalcini vive».

Franca Valeri?
«Arrivata a cent' anni rivendicava le sue radici ebraiche, portava una stella di David al collo, ogni tanto con la figlia adottiva recitava una preghiera. Non era religiosa, ma era curiosa di vedere cosa c'era dall'altra parte. È di Franca Valeri il più bel necrologio di tutti i tempi». Per chi lo scrisse? «In morte di Alberto Sordi. "Ciao, Cretinetti. Franca Valeri, Milano"». Aldo Cazzullo non ha avuto una formazione cattolica? «Certo che l'ho avuta. Sono nato ad Alba, sono cresciuto con nonni convinti dell'esistenza di Dio così come del fatto che il sole sorge e tramonta. Mio padre non perde una messa, mia madre è ministra di Dio, porta l'ostia consacrata a disabili e grandi anziani».

E non pensa che l'anima sia immortale?
«Già questo non è facile. Ma il cristianesimo va oltre. Prevede la resurrezione della carne. E questo è ancora più complicato da credere. Ogni volta che intervisto un uomo di Chiesa, gli chiedo di provare a convincermi».

Chi è stato più bravo?
«Il cardinale Carlo Caffarra, l'ex arcivescovo di Bologna. Disse che vivere è come scalare una piramide. Lungo tutta l'ascesa vedi una sola faccia; poi arrivato in cima scopri anche le altre dimensioni, guardi il panorama, e tutto appare chiaro. Tre anni fa, Caffarra è andato a verificare se la sua intuizione fosse vera».

Lei ha scritto un libro con il cardinale Scola.
«Sarebbe stato uno splendido Papa. Ma dopo un intellettuale come Ratzinger, il cui pontificato purtroppo non si è concluso nel migliore dei modi, il Conclave ha scelto la discontinuità. E poi gli italiani erano troppo divisi».

Guardi che Ratzinger è stato un grandissimo Pontefice.
«Grandissimo teologo. Che ha affidato il governo a persone sbagliate».

E Giovanni Paolo II?
«L'ho incontrato due volte, ad Assisi e a Parigi per le Giornate mondiali della gioventù. Aveva un carisma tanto forte che pareva di poterlo toccare».

Esiste un leader politico con un carisma così?
«Erdogan. Dissento pure da lui. Ma ha quella forza morale che vedi nelle persone che sono state in galera per le loro idee. E una stretta di mano calda, da pranoterapeuta».

Cosa pensa di papa Francesco?
«Un uomo abituato a comandare. Diverso da come viene raffigurato. Sarà ricordato come un grande Pontefice, anche se sul tema dei migranti ha perso un po' la sintonia iniziale con gli italiani».

Lei ha scritto che la più grande virtù della Chiesa è aver capito che l'uomo non è un angelo.
«Certo. L'uomo è fatto di carne e sangue, ha bisogni e desideri; e la Chiesa lo sa benissimo. Esistono anche uomini cattivi, però non sono la maggioranza. La maggioranza è egoista; ma può essere indotta al bene, se questo la fa sentire migliore».

Quale altro sacerdote le è piaciuto?
«Don Oreste Benzi. Ho passato una vigilia di Natale con lui e i suoi seguaci sulla tangenziale di Mestre, dove tentava di recuperare le prostitute nigeriane, con la sua tonaca da prete preconciliare, piena di patacche».

Come finì la serata?
«A cena, nell'unico posto ancora aperto: l'autogrill. Stavamo per addentare un panino, sa quelli con i nomi immaginifici tipo Capri o Fattoria, e don Benzi grida: "Fermi tutti, cosa fate?". Ci fece appoggiare i panini sul trespolo dell'autogrill, li benedisse tracciando furiosamente ampi segni di croce nell'aria, poi concluse: "Ora possiamo mangiare". Un pazzo di Dio».

Uno che vorrebbe intervistare?
«Ho passato una bellissima giornata con padre Eligio. Mi raccontò tutto: Rivera, la droga, suo fratello don Gelmini A una condizione: poter rileggere il testo. Il mattino dopo chiamò: "Bellissimo, ma potrà pubblicarlo solo dopo la mia morte". Tra sei mesi fa novant' anni, mi sa che ci seppellisce tutti. Vittorio Feltri ha potuto scrivere alcune sue confidenze, beato lui».

Lei ha paura della morte?
«Abbastanza. Da quando, una decina di anni fa, ho realizzato di non essere immortale».

Chi vorrebbe rivedere nell'Aldilà?
«Nonno Lorenzo, ragazzo del '99 nella Grande Guerra. Nonno Aldo, macellaio. Le nonne. E Lucio Dalla. Era una persona straordinaria. Dio gli avrà senz' altro perdonato il vizio di dire qualche bugia, che diventava nel suo racconto una meravigliosa verità».

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